Per ottenere il massimo dei benefici occorre iniziare la terapia quando non ci sono ancora sintomi
“Ogni minuto senza diagnosi è un minuto perso per la vita di un bambino affetto da atrofia muscolare spinale (SMA). Il ritardo diagnostico, infatti, è una delle problematiche maggiori per il trattamento di questa grave patologia”, ci tiene a precisare Giuseppe Vita, professore ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Messina e Direttore della UOC di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina. Il suo intervento sull’importanza dello screening neonatale per la SMA si è inserito nel webinar “Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica”, organizzato dall’associazione Famiglie SMA, in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies.
Durante l’evento, il prof. Vita ha fatto il punto sull’attuale situazione nazionale ed europea per quanto riguarda la diagnosi neonatale delle malattie congenite, tra cui anche la SMA. “In Europa la situazione varia molto da Stato a Stato. In Francia, per esempio, è previsto lo screening neonatale per cinque malattie, in Gran Bretagna per nove, in Germania per quattordici e per una rosa di circa venti/venticinque malattie in Paesi come la Svezia, la Finlandia, l’Ungheria e la Polonia. In Italia, l’articolo 6 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, ha introdotto lo screening neonatale solo per tre patologie: l’ipotiroidismo congenito, la fibrosi cistica e la fenilchetonuria. Successivamente, ne sono state identificate altre quaranta che possono essere diagnosticate precocemente, ma tale pratica rimane a discrezione delle singole regioni. Così ci sono regioni in cui lo screening neonatale viene eseguito per un numero considerevole di patologie e regioni in cui ci si limita alle tre obbligatorie per legge”.
“Basta una singola goccia di sangue, prelevata con una puntura sul tallone del neonato e posizionata su un apposito cartoncino, per fare la differenza”, sottolinea Giuseppe Vita. “La SMA, in particolare, rappresenta la prima causa genetica di morte infantile nel mondo; lo screening neonatale è in grado di diagnosticarla in tempi rapidi, così da permettere un accesso tempestivo alle terapie. Se non curata, infatti, la forma più aggressiva e più diffusa di atrofia muscolare spinale (SMA1) porta più del 90% dei neonati alla morte entro i venti mesi di vita”.
La SMA, infatti, è una malattia neuromuscolare progressiva: provoca la perdita dei motoneuroni, cellule presenti nel midollo spinale ed essenziali per il movimento e la forza muscolare. La patologia, quindi, genera debolezza muscolare e atrofia e, nel neonato, compromette l’acquisizione delle capacità motorie, della respirazione e della deglutizione. “Come dimostrano diversi studi recenti - continua il prof. Vita - per poter ottenere il massimo degli effetti, la terapia dovrebbe essere iniziata in fase presintomatica. Questo assicura dei risultati non solo sull’aspettativa di vita dei neonati affetti da SMA, ma anche sul decorso clinico e sulla qualità della vita”.
“Ultimamente anche in Italia abbiamo fatto dei passi avanti a favore della diagnosi precoce”, conclude l’esperto. “Nel dicembre del 2018, infatti, è stato approvato l’emendamento per l’estensione dello screening neonatale alle patologie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite e alle malattie da accumulo lisosomiale, che si vanno ad aggiungere alle malattie metaboliche, già inserite nel 2016. Sono state gettate le basi per una profonda ristrutturazione che speriamo avvenga in tempi rapidi. La politica dovrà stare al passo con la scienza che, per fortuna, nel campo delle malattie rare sta facendo grandi progressi”.
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