CAGLIARI – Il trapianto di midollo osseo, o meglio di cellule staminali emopoietiche, è tuttora l’unica forma di trattamento curativo per la Talassemia Major. Dopo le prime esperienze pionieristiche del gruppo di Seattle (U.S.A.) nel 1981, e la grande e prolungata esperienza del gruppo di Pesaro (1982-2002), questa procedura si è andata sempre più diffondendo e consolidando.
Come spiega la dr.ssa Donatella Baronciani, Responsabile del Centro Trapianti di Midollo Osseo dell'Ospedale “Businco” di Cagliari, la scelta trapiantologica deve tuttavia essere attentamente valutata da medici, pazienti e familiari, in quanto non è priva di rischi (la cosiddetta TRM o mortalità legata al trapianto). “Poiché i fattori di rischio individuati dall'esperienza pesarese sono correlati alla progressione della malattia, si è sempre più consolidato il concetto che il trapianto ha maggior possibilità di successo se eseguito in fase precoce, prima dell'instaurazione dei danni d’organo”.
La dr.ssa Baronciani ha appena pubblicato uno studio sulla rivista Bone Marrow Transplantation, con lo scopo di sottolineare il ruolo recente del trapianto nella talassemia e la sua diffusione a livello mondiale. La casistica dei pazienti, la più numerosa mai descritta, deriva dai dati del Registro Europeo delle Emoglobinopatie (EBMT Hemoglobinopathy Registry) e consiste di 1.493 pazienti, sottoposti a trapianto dal gennaio 2000 al dicembre 2010. I dati sono raccolti da 164 centri in 30 Paesi diversi.
Di questi 1.493 pazienti, 1.359 avevano un'età inferiore a 18 anni, e 1.061 avevano ricevuto il trapianto da un donatore familiare compatibile. La sopravvivenza globale dell’intero gruppo era dell’88% e la sopravvivenza senza talassemia era dell'81% a 2 anni, mentre per i pazienti riceventi donatore familiare compatibile erano rispettivamente del 91% e dell’83%.
“Il messaggio forte di questi dati – commenta la dr.ssa Baronciani – è che il trapianto è una procedura consolidata e diffusa con risultati riproducibili nel mondo, che deve essere eseguito il più precocemente possibile e che il donatore HLA identico familiare rimane la scelta che offre i migliori risultati in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da malattia”.
“Al di fuori dei dati riportati – continua la dottoressa – altre esperienze della letteratura sottolineano che il trapianto allogenico è cost-effective rispetto alla terapia convenzionale, e che, al momento, trattamenti alternativi come la terapia genica, pur con risultati promettenti, non sono alla portata di tutti anche per i costi molto elevati”.
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