Il 34enne australiano fa parte di un 2% di persone che non riescono a creare immagini nella mente
Provate ad immaginare una vita senza… immaginazione. No, non è una stregoneria, anche se può somigliarle, bensì una malattia chiamata ‘afantasia’. Ne soffre fin dalla nascita Jean-Pierre Mooney, 34 anni, australiano di Brisbane, che ha raccontato a New Scientist ‘l'incantesimo’ a cui è condannato per via di questa rara condizione, che si stima colpisca circa il 2% della popolazione (una stima recente, che ulteriori studi dovranno verificare).
Mooney prova a raccontare cosa significa convivere con una mente incapace di partorire immagini, e lo fa procedendo per esempi, come quello dell'impossibilità di rivedere dentro di sé gli occhi della sua fidanzata. "Se lei sparisse e la polizia mi chiedesse un identikit, non saprei come farlo", spiega.
Non è stato facile nemmeno rendersi conto che c'era qualcosa di strano. Mooney infatti lo ha capito solo nel 2015, leggendo uno studio condotto su persone come lui: "ho chiesto a tutti i miei amici 'potete vedere cose nella vostra mente?', e loro hanno detto di sì. Io non ne avevo idea".
Una rivelazione che ha contribuito a spiegare il suo scarso senso di orientamento e la tendenza per esempio a dimenticare dove aveva parcheggiato l'auto. "Io proprio non riesco a ricordare i punti di riferimento": così numeri di piani, paesaggi, svaniscono nella sua mente. E da quando ha capito la fonte di questo 'black out' perenne, si è messo alla ricerca di una cura. "Ora so cosa mi manca e voglio provare che vuol dire avere l'occhio della mente", racconta.
Mooney oggi è coinvolto nella ricerca di Joel Pearson, uno scienziato che all'università del New South Wales di Sydney indaga sul funzionamento dell'immaginario mentale proprio studiando le persone con afantasia. Poiché alcune di queste sperimentano i sogni, i ricercatori ritengono che a controllare le immagini mentali volontarie e quelle involontarie siano diverse aree del cervello.
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