Grazie a questa pratica, migliorano qualità di vita e competenze di pazienti e caregivers
La pratica del “coaching” può costituire un valido aiuto in ambito socio-sanitario al fine di migliorare le prestazioni dei professionisti e aumentare la qualità di vita dei pazienti. A sostenerlo è l’IPACS (Institutional & Public Coaching Services), nel corso di un incontro pubblico tenutosi di recente a Roma, durante il quale la stessa società ha annunciato la nascita del primo laboratorio di strategie di 'empowerment' per il coinvolgimento del cittadini come soggetti consapevoli, attivi, responsabili e competenti, in ambito socio-sanitario. Il secondo appuntamento operativo è fissato per il prossimo 12 settembre, in un evento dal titolo “Quali progetti possibili di Empowerment? Committment strategico condiviso tra gli operatori di salute”.
Il coaching, secondo la definizione della Federazione Internazionale di Coaching ICF (International Coaching Federation), è una partnership tra due persone che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione e consente di sviluppare il potenziale individuale.
Un recente studio pilota, pubblicato su HTA FOCUS, ha calcolato l'impatto del coaching sulla qualità di vita di dieci operatori socio-sanitari per un periodo di otto mesi. Dopo un ciclo di 8 incontri con un coach, il 90% di essi ha mostrato un miglioramento della propria resa personale e professionale, l'80% ha apprezzato un miglioramento del proprio stato emotivo e il 70% ha riferito un miglioramento nella qualità delle proprie relazioni familiari e sociali. Inoltre, secondo l'indagine, il 60% ha migliorato la sensazione di felicità e percepito una riduzione della stanchezza e di esaurimento con un recupero di energie in una benefica attività fisica (per il 50% del campione). In conclusione, l'uso del coaching ha mostrato un miglioramento complessivo di 10 indicatori della qualità di vita che riuniscono lo stato fisico, emotivo, mentale.
Le istituzioni si stanno occupando con crescente impegno delle tematiche di empowerment e di coinvolgimento dei cittadini come target centrale che, dotati di strumenti adeguati, possono essere soggetti attivi nella costruzione di comportamenti di salute. Si tratta di un cambiamento del Welfare, in cui coltivare le capacità dell'individuo diventa un obiettivo delle politiche pubbliche. È questo il motivo per cui il coaching e l'empowerment delle persone sono citati anche nel Piano Nazionale Cronicità.
“Negli ultimi anni si è affermato il concetto che il paziente sia il protagonista delle cure e che anche le decisioni debbano essere condivise, perché lo riguardano e perché aumentano la riuscita delle terapie e l'outcome della malattia”, spiega la Dott.ssa Francesca Cioffi, ideatrice di IPACS. “Il caso delle malattie genetiche rare è peculiare, perché spesso non esiste una terapia risolutiva e perché il paziente diventa il massimo esperto della propria condizione a causa della cronicità della stessa”.
“Proprio perché parliamo di persone talora sofferenti dalla nascita - aggiunge la dott.ssa Cioffi a proposito delle malattie rare - alle terapie sintomatiche o standard si dovrebbe affiancare un percorso di gestione non tanto della malattia, ma della vita con una malattia o una disabilità. Il coaching, in questo campo, può offrire strumenti agili ed efficaci per condividere strategie per indirizzare le risorse del soggetto verso una migliore qualità di vita. Al tempo stesso, si rivela prezioso anche per le famiglie e i caregivers, che talora, nel percorso di accudimento, possono perdere le redini della propria esistenza e aver bisogno tanto di informazioni pratiche quanto di strumenti di gestione delle emozioni”.
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