Il primo obiettivo è di rendere disponibili i test del DNA per i familiari di pazienti con patologie di origine genetica
Uno dei principali insegnamenti che la medicina moderna ha ricavato dallo studio delle malattie rare è sicuramente rappresentato dal ruolo fondamentale che la 'dimensione genetica' riveste nell'insorgenza e nella progressione di qualsiasi tipo di patologia: delle più di 7.000 malattie rare ad oggi identificate, infatti, la stragrande maggioranza è direttamente associata a mutazioni a carico di uno o più geni, mutazioni che, in moltissimi casi, una persona eredita dai propri genitori. Ma questi numeri rappresentano solo la punta, già grande, dell'iceberg: tuttora, infatti, la causa di molte malattie rare resta sconosciuta, un aspetto che rende virtualmente ancora più esteso il numero di condizioni correlabili a una potenziale origine genetica; inoltre, le tecniche di sequenziamento del DNA di ultima generazione stanno permettendo di scoprire, di continuo, nuove mutazioni che sono alla base di patologie non ancora note, quindi non diagnosticate: le cosiddette “undiagnosed diseases”.
A raccontare cosa significhi convivere con una malattia che non ha nome è Giulia Pucciarelli, una ragazza italiana di trent’anni a cui, nel 2017, nel corso di una visita medica per attività sportiva, sono stati riscontrati dei battiti cardiaci anomali, con una sospetta diagnosi di aritmie del ventricolo destro (ARVD). “Il problema al cuore che mi è stato individuato ha confermato i disturbi di affaticamento e di mancanza del respiro a cui sono soggetta da qualche anno, insieme al rischio di morte improvvisa”, spiega la giovane all'Osservatorio Malattie Rare. “Purtroppo, i cardiologi non hanno potuto formulare una diagnosi precisa e così ho cercato altre strade. Dopo alcuni primi test genetici, risultati negativi, mi sono rivolta all’autorevole esperienza del Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, il quale ha eseguito indagini del DNA più approfondite, estese anche ai miei genitori, confermando l’esistenza di alcune varianti geniche di incerto significato”.
Pur non potendo conoscere quale sia la patologia da cui è affetta, Giulia non si è persa d'animo e non ha abbandonato le speranze: “la ricerca in campo cardiologico e genetico sta facendo passi da gigante e io sono fiduciosa che, un giorno, non sarò più una 'malata orfana di diagnosi' e, soprattutto, una 'malata orfana di terapia'. Dalla mia esperienza personale, ho capito che la nostra salute dipende molto dal DNA che ereditiamo dalla nostra famiglia, e ho compreso quanto sia importante conoscere e prendersi cura dei propri geni”. Partendo da questa consapevolezza, Giulia ha preso la decisione di costituire, insieme a suo padre e ad alcuni amici, l'associazione “Patforgene - Association Patients for Genetics”, un'organizzazione senza scopo di lucro che ha la finalità di aiutare i pazienti con malattie genetiche, rare o senza diagnosi, fornendo sostegno alla ricerca di nuovi strumenti diagnostici, nonché di farmaci e terapie geniche, e tutelando sotto ogni aspetto i diritti dei malati.
“Abbiamo immediatamente capito che c’è molto da fare per i pazienti”, sottolinea Giulia. “La nostra prima iniziativa è quella di rendere disponibili i test del DNA per i familiari di un paziente con malattia genetica, test utili a identificare tutti quei soggetti che sono a rischio di sviluppare la condizione: la diagnosi precoce è fondamentale, soprattutto nell'ambito delle patologie rare, perché consente di accedere tempestivamente a trattamenti medici che, quando disponibili, sono in grado di rallentare, o persino di bloccare, la progressione di malattia. Inoltre, i test genetici consentono di identificare anche i portatori sani (carrier) di una mutazione patologica. L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), ad esempio, raccomanda lo screening genetico per i familiari di persone con patologie geneticamente trasmissibili, soprattutto se intendono avere figli. Anche diverse associazioni di pazienti con malattie genetiche propongono questo screening ai parenti dei loro associati, per poter identificare gli eventuali portatori sani di una data patologia. Per il momento, abbiamo identificato due organizzazioni internazionali che stanno portando avanti una campagna di sensibilizzazione su questo specifico tema: una è l'American Hemochromatosis Society, nata a supporto delle persone affette da emocromatosi; l’altra è Parent Project Muscular Dystrophy, l'associazione di pazienti con distrofia muscolare di Duchenne e Becker. Il nostro principale obiettivo – conclude la co-fondatrice di Patforgene – è proprio questo: diffondere la consapevolezza, tra i pazienti con malattie genetiche, i loro familiari e il pubblico in generale, dell'importanza dei test del DNA per una diagnosi precoce e per prevenire la trasmissione di queste patologie alle generazioni future”.
Patforgene si è già dotata di un proprio sito web, ed è contattabile sia direttamente dal portale (mediante l'apposito modulo “Contact”), sia via e-mail, all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. L’associazione, inoltre, ha recentemente aderito all'Alleanza Malattie Rare (AMR), un'iniziativa promossa dall’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare con l'obiettivo di riunire associazioni di pazienti, tecnici, esperti e rappresentanti del mondo istituzionale per favorire un circolo virtuoso di collaborazione volto a migliorare l'organizzazione del settore delle malattie rare e dei farmaci orfani in Italia.
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