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Sul tema della crescita del biotech italiano nonostante i vulnus del sistema è tornato ieri, durante la presentazione del rapporto Assobiotec – Ernst&Young, il presidente di  Farmindustria, Sergio Dompè; positivo nel leggere i dati che parlano dei risultati – tanto in termini di nuovi farmaci, in particolare per le malattie rare, e di crescita di fatturato – quanto critico su alcuni problemi propri del sistema italiano, in merito soprattutto a quello che riguarda il campo della farmaceutica. "Il sistema farmaceutico italiano è il sistema con i costi, per lo Stato e i cittadini, minori rispetto agli altri Paesi per tutte le medicine essenziali. Quando c’è un bisogno di salute importante – ha spiegato Dompè – il nostro Paese lo copre integralmente. Certo, l’Italia è ancora un paese a due velocità, dove ci sono Regioni che per la gestione delle risorse sono delle vere eccellenze e delle altre che magari lo sono di meno. In ogni caso non possiamo che essere un po’ preoccupati per i tagli che si stanno facendo a livelli di rimborso perché si rischia di create delle tensioni laddove i rimborsi non riescono a coprire i costi di produzione dei fermaci e ciò può portare fino alla chiusura di stabilimenti”.
La delocalizzazione infatti è ormai una realtà anche nel campo dell’industria farmaceutica, e se si vuole evitare che questo accada, facendo rimanere nel paese produzioni ad elevata tecnologia “occorre programmare e ampliare il piano degli investimenti e fare scelte favorevoli per chi vuole investire nelle biotecnologie nel nostro paese. Investimenti dunque ma anche norme che ci permettano almeno di essere alla pari con gli altri paesi europei. La ricerca ha bisogno di grandi risorse, ma non dobbiamo dimenticare che anche quegli studi che dal punto di vista commerciale non vanno a buon fine sono, comunque, un patrimonio per la scienza. La ricerca è un lavoro di sconfitte per arrivare al successo”.