Avv. Quagliaro: “I giudizi delle commissioni sono formulati anche con un occhio alle ricadute economiche sulla spesa pubblica. I ricorsi vengono spesso accolti dal tribunale, dove l’operato della commissione può essere sconfessato da un medico legale super partes”

Gli aspetti legali e giuridici nell’ambito medico-legale sono molteplici e non sempre di immediata comprensione. Sono molti i soggetti interessati che non sono a conoscenza della legislazione, e nemmeno dell’iter che devono intraprendere per poter accedere ai benefici che la legge prevede per alcune categorie di patologie. Abbiamo intervistato l’Avv. Marco Quagliaro, dello studio legale Quagliaro & Migliorati di Udine, sul tema dei codici di esenzione, disabilità e legge 104.

Avvocato, possiamo dare una prima definizione dei codici di esenzione? Di cosa si tratta e perché sono stati creati?

Premetto doverosamente che su questo tema la mia analisi è esclusivamente giuridica, senza la pretesa di entrare nel campo riservato agli specialisti del settore sanitario. È possibile attingere ad un elenco di codici di esenzione che permettono di non sostenere la spesa per l’anamnesi e la valutazione delle diverse patologie. I codici sono stati introdotti affinché i soggetti portatori di una data patologia possano essere sottoposti ad analisi e anamnesi volte a diagnosticare una specifica patologia.

Secondo lei, quali sono i principali limiti del sistema dei codici di esenzione?

I codici sono introdotti in un numero tendenzialmente limitato, presumo ai fini del contenimento della spesa sanitaria nazionale. Dal mio punto di vista, si tratta principalmente di ipotesi di esenzione che mirano soltanto all’anamnesi e alla valutazione della patologia.

Quali sono i principali elementi di cui i malati e le loro famiglie dovrebbero avere adeguata consapevolezza?

Vi sono delle fasi da curare in maniera molto attenta da parte delle famiglie e dei sanitari, perché si tratta di istruire in maniera opportuna le domande, di conoscere l’iter procedurale e l’esistenza di specifici rimedi, in sede giurisdizionale, in caso di rigetto.

A suo giudizio, al malato vengono forniti adeguati strumenti per orientarsi in questo iter?

Generalmente, le famiglie e i soggetti interessati non sono a conoscenza delle modalità più opportune per introdurre le domande e per corredarle della documentazione necessaria. Spesso non si conosce l’esistenza delle ipotesi di decadenza introdotte dal legislatore per impugnare i provvedimenti sfavorevoli. Nello specifico, le domande di invalidità, e anche quelle collegate alla legge 104 del 1992, non introducono soltanto dei procedimenti medico-legali, ma innestano un sistema creato per riconoscere dei diritti che però ha come contraltare il contenimento della spesa pubblica. Pertanto, le commissioni preposte a certificare l’invalidità sono molto attente a riconoscere la sussistenza dei presupposti per la concessione di benefici. Si tratta, cioè, di giudizi non solo dati dal punto di vista medico-legale, ma anche con un occhio alle ricadute economiche sulla spesa pubblica. Quando gli interessati vengono rivalutati da un esperto medico-legale di fiducia, questo si sorprende non di rado sul giudizio negativo dato dalle commissioni, e i ricorsi poi proposti vengono spesso accolti dal tribunale. Il tribunale non elabora le proprie decisioni basandosi sull’opinione del giudice, ma nomina un CTU, un medico legale super partes. L’operato della commissione viene quindi spesso sconfessato dall’operato dei CTU.

Questo bilancio tra spesa pubblica e interesse del paziente è ottimizzabile? Esistono degli strumenti giuridici che si potrebbero utilizzare? Cosa si potrebbe fare per agevolare il buon esito di quei casi che meritano di essere accolti, già in prima istanza?

Come accennavo, gli interessati spesso non sono a conoscenza non solo della disciplina normativa, ma anche della prassi che viene seguita nell’istruire questi procedimenti. La prassi più opportuna è avvalersi di uno specialista medico-legale già dall’introduzione della domanda; questa fase, così come la visita in commissione, è fondamentale per la buona riuscita del procedimento. Il caso dev’essere esaminato da uno specialista, che saprà fornire agli interessati una percentuale approssimativa relativa alle possibilità di successo della domanda. Una volta effettuato questo primo screening, è opportuno che davanti alla commissione l’interessato sia affiancato da un medico specialista.

Dovrebbe esserci una migliore comunicazione degli strumenti a disposizione degli interessati? Se sì, in che modo?

Le istituzioni preposte alla disamina di queste domande devono semplicemente accertare l’eventuale sussistenza della disabilità e dei presupposti per l’accesso ai benefici previsti dalla legge. Gli interessati possono, però, trovare informazioni nei Patronati, dove lavorano persone preparate, che possono offrire supporto medico-legale alla presentazione della domanda, grazie a una rete di esperti convenzionati. È importante sottolineare che non basta conoscere la normativa, ma anche la prassi seguita a livello locale nello sviluppo di questi procedimenti.

Non c’è una prassi uniformata, quindi?

La disciplina legale è generale, così come le direttive medico-legali per il riconoscimento delle disabilità. Le commissioni sono però composte da uomini e donne, ci saranno quindi delle vedute diverse a seconda delle commissioni che sono chiamate a intervenire.

Secondo lei non ci sarebbe bisogno di introdurre criteri più stringenti per omologare il lavoro delle commissioni?

Le farò un esempio, raccontando uno dei casi che ho trattato. Esiste un decreto ministeriale che ha stabilito che nel caso in cui una persona sia affetta da sindrome di Down, e questa sia riconosciuta dalla commissione, non si debba poi ricorrere a una rivalutazione del soggetto, come accade invece per patologie di natura non genetica. Al compimento della maggiore età, a questo ragazzo hanno tolto l’indennità di accompagnamento, sostenendo che vi era stato un miglioramento nella patologia. Questo è incongruo da un punto di vista medico, perché la trisomia 21 è una patologia genetica, sia da quello legale, visto il decreto di cui sopra. Quindi, i parametri stringenti esistono, ma devono essere applicati in maniera rigorosa, puntuale e obiettiva. Non voglio dire che ogni commissione agisca così, ma sottolineare che in taluni casi vi sono delle distorsioni che non dovrebbero sussistere.

Clicca QUI per scaricare la Guida alle nuove esenzioni per malattie rare, realizzata da Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con Orphanet Italia.

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni