rimborso scarpe ortopediche

Dopo le carrozzine, anche le calzature per la disabilità non sono più garantite. Le testimonianze da Liguria e Lombardia. Il nodo è l’ambiguità normativa e la confusione sull’applicazione dei nuovi LEA

Non solo carrozzine elettriche. Oggi le famiglie con figli con disabilità si trovano a pagare di tasca propria anche le scarpe ortopediche di serie, un ausilio fondamentale per garantire libertà di movimento e autonomia. A denunciare la situazione sono, attraverso le pagine de Il Fatto Quotidiano, caregiver e genitori dalla Liguria e dalla Lombardia, due Regioni che, come altre, si ritrovano a gestire un vuoto creato dall’aggiornamento del Nomenclatore Tariffario e dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), entrati in vigore con il decreto ministeriale del 2024.

Il problema? Alcuni codici identificativi delle calzature ortopediche non compaiono più nell’elenco degli ausili forniti gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Le Regioni si appellano al fatto che la scelta è stata del Ministero della Salute, che a sua volta ribadisce che le calzature su misura restano rimborsabili. Ma la distinzione tra “scarpe ortopediche di serie” e “scarpe su misura” è tutt’altro che chiara. Una zona grigia normativa che sta causando incertezza, disparità e, soprattutto, costi non sostenibili per chi ha più bisogno. A farne le spese sono famiglie che si trovano a sostenere una spesa di almeno 400 euro.

Dal Ministero, gli uffici tecnici replicano che l’eliminazione delle calzature ortopediche di serie dai LEA deriva dall’inappropriatezza prescrittiva rilevata nel DPCM 2017, aggiornato dal decreto del 2024. Ma specificano anche che le scarpe su misura sono ancora garantite in caso di gravi deformità. Una distinzione tecnica che però, nella pratica, si traduce in confusione e in una responsabilità che rimbalza tra ministero e Regioni.

L’avv. Roberta Venturi, responsabile dello sportello legale di Osservatorio Malattie Rare, chiarisce che “il nodo giuridico sta nel fatto che il decreto tariffe del 2024, nel ridefinire i codici degli ausili, ha di fatto eliminato o rinominato alcune voci senza prevedere un periodo di transizione né istruzioni operative”. Da un lato, il Ministero sostiene che siano le Regioni a dover garantire la fornitura attraverso i propri appalti; dall’altro, le amministrazioni regionali fanno presente che non possono acquistare ciò che non è più contemplato tra i LEA, se non con fondi propri.

“In questa situazione – spiega Venturi – la responsabilità sembra di tutti e di nessuno: lo Stato indica un obbligo senza copertura, le Regioni rivendicano l’assenza di risorse dedicate, e intanto i cittadini restano privi di tutela”. Il risultato è un rimpallo che, conclude, “nasce da un difetto di coordinamento normativo e rischia di protrarsi finché non verranno emanate linee guida vincolanti che chiariscano chi deve intervenire e con quali fondi”.

Intanto, dunque, i costi restano a carico delle famiglie. L’assenza di chiarezza normativa alimenta le diseguaglianze territoriali. Il punto vero è questo: che cosa si intende esattamente per calzature ortopediche “di serie” e “su misura”? Fino a quando la risposta resterà vaga, continueranno a moltiplicarsi i casi in cui chi ha diritto si trova, di fatto, escluso dall’assistenza.

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