Il federalismo sanitario del nostro paese pesa anche sui malati di Emofilia. Sono infatti solo 11 le Regioni che attualmente hanno una legge specifica che consente il trattamento a domicilio delle persone affette da questa malattia, una coagulopatia che può presentarsi sotto forme molto differenti, più o meno gravi. Nelle altre i malati sono costretti, se vogliono seguire la terapia di profilassi, a frequenti e anche lunghi viaggi verso i centri dove la terapia, disponibile ora solo per via endovenosa, viene effettuata.
L’emofilia è certamente, tra le malattie rare, di una delle più conosciute e oggi ci sono farmaci che permettono di vivere con minori disagi e più a lungo che un tempo. Inoltre le coagulopatie sono tra le poche malattie rare per le quali nel nostro paese si disponga di dati epidemiologici più o meno certo, questo grazie al registro italiano della coagulopatie congenite. Il tasto dolente resta quello dell’assistenza ai malati e soprattutto della domiciliarizzazione delle cure. Per questo nei giorni scorsi le due più grandi associazioni dei malati, Fedemo e Aice, hanno presentato alle istituzioni italiane il decalogo europeo contente i principi per la cura degli emofilici chiedendo che venga finalmente applicato anche nel nostro paese garantendo così quell’omogeneità di cure che le diverse legislazioni regionali al momento non garantiscono generando gravi disparità di trattamento.
In particolare l’attenzione delle associazioni è puntata sull’accesso ai trattamenti di profilassi tramite fattori sostitutivi della coagulazione, soprattutto per i bambini: un trattamento che oggi non tutti gli emofilici seguono. Eppure la profilassi è il trattamento raccomandato nei bambini dalla World Health Organization (WHO) e dalla World Federation of Haemophilia (WFH), fin dal 1994. A livello europeo, l’European Directorate for the Quality of Medicines & HealthCare (EDQM), organismo tecnico della Commissione Europea, ha raccomandato il regime di profilassi nei bambini e un’attenta valutazione anche negli adolescenti e negli adulti. Questo perché evitare fin da bambini sanguinamenti interni vuol dire diminuire l’incidenza e la gravità delle artopatie che caratterizzano la malattia e che determinano un livello di handicap che, in assenza delle opportune precauzioni, può essere rilevante.
Oggi non tutti i pazienti eseguono il trattamento di profilassi: in alcuni casi la scelta è dettata da una minore gravità della malattia che rende consigliabile usare i fattori sostitutivi solo in vista di operazioni o altri eventi traumatici, ma per una parte dei malati la scelta potrebbe essere invece dettata dalla scomodità di effettuare questo trattamento e dunque dal suo impatto sulla qualità della vita. Attualmente infatti, benché siano allo studio delle terapie orali, i fattori vanno iniettati per via endovenosa e, laddove non ci sono provvedimenti che rendono possibile effettuare questo a domicilia, tramite infermieri o personale preparato, i malati devono recarsi presso gli appositi centri, che non sempre sono a portata di mano. Poter eseguire i trattamenti a casa aiuterebbe da una parte a una maggiore diffusione della profilassi e dall’altra inciderebbe positivamente sulla vita dei malati e le loro famiglie.
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