BRUXELLES (BELGIO) – Una relazione sullo stato di avanzamento della direttiva sanitaria transfrontaliera (CBHC) mostra notevoli progressi legislativi a livello UE negli ultimi due anni, insieme a sforzi genuini a livello nazionale. Inoltre, la direttiva ha contribuito a plasmare la riforma sanitaria in molti paesi dell’UE, ha migliorato la trasparenza e la mobilità dei pazienti in tutta l’UE e ha permesso progressi in materia di valutazione delle tecnologie sanitarie, cooperazione nella sanità elettronica e reti europee di riferimento.
Tuttavia, la relazione mostra chiaramente che la consapevolezza dei cittadini europei circa il loro diritto di scelta sanitaria in un altro paese dell’UE rimane basso. Meno di due cittadini su 10 si sentono informati sui loro diritti in questo settore, e solo uno su 10 è a conoscenza dei Punti di Contatto Nazionali (PCN), uffici istituiti ai sensi della direttiva per fornire informazioni ai pazienti sui loro diritti e sui temi della qualità e della sicurezza. La consapevolezza dei PCN varia ampiamente tra i paesi dell’UE: il numero di cittadini maltesi che ne è a conoscenza (il 24%) è quattro volte superiore a quello del Regno Unito (il 6%).
Tra gli altri risultati: la mobilità dei pazienti per l’assistenza sanitaria programmata rimane bassa, di gran lunga al di sotto dei livelli potenziali suggeriti dal sondaggio di Eurobarometro (il 49% ha mostrato disponibilità a viaggiare in un altro paese dell’UE per ricevere cure mediche). L’informazione ai pazienti sui loro diritti generali di rimborso dovrebbe essere migliorata. Lo stesso vale per la raccolta dei dati: ad oggi, solo 17 dei 21 Stati membri che hanno introdotto un sistema di autorizzazione preventiva sono stati in grado di fornire dati relativi alle domande di autorizzazione.
In linea con l’impegno del Presidente Juncker per garantire l’effettiva attuazione della legislazione UE e il follow-up sul campo, la Commissione continuerà l’esame approfondito delle misure adottate dagli Stati membri per attuare la direttiva, ed esplorerà tutti i mezzi possibili per garantire la correttezza della trasposizione della direttiva nel diritto nazionale, in modo che i cittadini di tutti i 28 paesi dell’UE siano in grado di trarne beneficio.
Quale sia però l’esatta situazione in Italia rispetto alle cure transfrontaliere ancora non si sa con esattezza. In seguito all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 38 del 4 marzo 2014, è stato istituito presso il Ministero della Salute il Punto di Contatto Nazionale, che permette al paziente di ottenere informazioni per poter compiere la scelta più adeguata al proprio caso clinico, e lo stesso Ministero ha anche diffuso un opuscolo sulle cure nell’UE (clicca qui).
Tuttavia, ad oggi, non è ancora noto quanti casi siano stati gestiti e se questi siano stati in uscita – cioè un movimento di italiani verso i paesi dell’UE – o al contrario in entrata. Non dovrebbe stupirci un forte movimento dai paesi UE verso l’Italia perché, per quanto spesso male si parli della nostra sanità, nel campo delle malattie rare l’Italia può vantare importanti eccellenze. Ci sarebbe poi da capire – e su questo Osservatorio Malattie Rare farà a breve un approfondimento – quanto sia lungo e complesso l’iter per vedersi riconosciute le cure transfrontaliere e quale sia il meccanismo di rimborso.
Un conto, infatti, è se il paziente non deve anticipare nulla e la compensazione avviene direttamente tra gli Stati, tutt’altro è invece se il paziente e la sua famiglia devono anticipare le spese per poi attendere un rimborso, soluzione che potrebbe rendere davvero difficile la vita per molti nuclei di malati rari, dato che – come diversi studi hanno dimostrato – queste famiglie vivono più facilmente delle altre nel disagio economico a causa della grandi spese e della frequente perdita o rinuncia al lavoro di almeno uno dei familiari della persona affetta da una malattia rara.
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