Alcuni pazienti hanno mostrato un aumento persistente dei livelli di emoglobina e la scomparsa della dipendenza trasfusionale
ROMA – Allo stato attuale, sono disponibili pochi dati sul deferasirox nel trattamento di pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative in fase fibrotica e dipendenza trasfusionale. Per colmare questa lacuna, un team di ematologi romani ha eseguito un'analisi retrospettiva di 28 pazienti (22 maschi e 6 femmine) con questa malattia del sangue e un sovraccarico di ferro secondario alla dipendenza dalle trasfusioni: i partecipanti al trial sono stati arruolati fra quelli presenti nel database del gruppo cooperativo regionale che avevano ricevuto un trattamento con deferasirox.
Il farmaco era stato avviato dopo un intervallo medio dalla diagnosi di 12,8 mesi, con valori medi di ferritina di 1.415 ng/mL. In 16 dei 28 pazienti (il 57,1%) è stata riportata tossicità extra-ematologica, ma solo due di loro hanno interrotto il trattamento per questo motivo.
Fra i 26 partecipanti valutabili per la risposta (quelli con più di 6 mesi di trattamento), e dopo un periodo di trattamento medio di 15,4 mesi, 11 pazienti (il 42,3%) hanno ottenuto una riduzione stabile e consistente dei livelli di ferritina, inferiori a 1.000 ng/mL. Per quanto riguarda i miglioramenti ematologici, 6 pazienti (il 23%) hanno mostrato un aumento persistente (per più di 3 mesi) dei livelli di emoglobina (superiori a 1,5 g/dL), con la scomparsa della dipendenza trasfusionale in quattro casi.
Il trattamento con deferasirox – conclude lo studio, pubblicato sulla rivista European Journal of Haematology – è dunque fattibile ed efficace nelle neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative in fase fibrotica con sovraccarico di ferro. Inoltre, in questo contesto, può verificarsi una risposta eritroide in una significativa percentuale di pazienti.
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