Le malattie rare senza diagnosi rappresentano circa il 30%del totale delle malattie rare. Un “grave problema da risolvere”, come definito da Giuseppe Novelli dell’Università Tor Vergata di Roma, al quale si sta cercando di dare una soluzione attraverso la nuova iniziativa dell’Istituto Superiore di Sanità ribattezzata Undiagnosed Diseases Network SUD, o più semplicemente UDN-SUD. Il progetto coinvolge quattro Centri clinici di Regioni del sud e del centro Italia, quali Puglia, Sicilia, Calabria e Abruzzo, afferenti alla Rete Nazionale Malattie Rare e realizzata con il sostegno incondizionato di Farmindustria.
La Tavola Rotonda “Ti chiamerò per nome”
Oltre ad essere rare o rarissime, alcune malattie sono anche prive di nome perché presentano quadri clinici talmente complessi e rari che nessun medico è in grado di riconoscerle. A tal proposito, la Tavola Rotonda “Ti chiamerò per nome”, organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità e interamente dedicata al tema, ha visto confrontarsi diversi esperti italiani attivi nella creazione e consolidazione di reti nazionali e internazionali.
L’incontro dello scorso 29 marzo presso il Museo dell’ISS, ha avuto lo scopo di presentare l’iniziativa che mira ad ampliare la casistica dei pazienti e poter fornire diagnosi a un numero crescente di persone. L’obiettivo è quello di caratterizzare in un anno, da un punto di vista biologico-molecolare, trenta nuovi pazienti con fenotipi unici e dare il nome a 30 patologie senza diagnosi.
"Abbiamo già iniziato la caratterizzazione”, spiega il direttore del Centro Nazionale Malattie Rare dell'ISS, Domenica Taruscio. “Speriamo di caratterizzare la patologia anche da un punto di vista genetico molecolare e dare una diagnosi a questi pazienti. In un anno vogliamo dare una diagnosi a 30 patologie che hanno sintomi specifici ma non un nome. Siamo felici perché il progetto coinvolge anche le regioni del sud Italia, in passato rimaste escluse da altre progettualità. Invito a metterci in rete: i numeri non sono elevati, ma l'importanza del progetto è mettere in rete i professionisti" .
“Si tratta di un progetto che completa i processi di ricerca - commenta Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria - che oggi non deve più essere solo finalizzata alla scoperta di una soluzione farmaceutica, ma andare anche oltre e portare sostegno al malato. Caratterizzare casi identificati ma che non hanno ancora un nome è già un progetto di ricerca" .
Il pieno riconoscimento del diritto alla cure dei malati rari può essere garantito "da un disegno di legge che ho presentato, ed è stato calendarizzato alla Camera. Mi auguro ci si riesca presto. È un ddl e come tutti i disegni di legge è una bozza, quindi può essere migliorato ulteriormente". A ricordarlo, nel corso della Tavola Rotonda, è la senatrice Paola Binetti, da sempre vicina alle necessità dei malati rari. “Il ddl – continua Binetti – può aiutare anche quei malati rari senza diagnosi, che devono sconfiggere l'anonimato. Serve una presa di coscienza con la realtà, sostenere la ricerca e quindi una normativa che faciliti tutto questo. La rarità – ha puntualizzato poi la senatrice – deve diventare un impegno, altrimenti non possiamo includere nei Lea patologie che non hanno un nome, che sono innominate".
La maggior parte delle malattie rare non diagnosticate è, con tutta probabilità, di origine genetica. Ad esse si aggiunge un ulteriore 20% con probabile origine multifattoriale. Sono pochissimi gli studi disponibili, soprattutto se ci si riferisce proprio alla loro possibile origine causata da interazione geni-ambiente. La ricerca su questo tipo di patologie risulta quindi molto complessa, insufficiente e spesso condotta in maniera disomogenea nei diversi centri clinici, nazionali e internazionali. Ecco perché le malattie senza diagnosi rappresentano oggi una nuova frontiera e una problematica a livello globale.
L’impegno nazionale ed europeo della ricerca sulle Malattie Rare senza Diagnosi
Dall’incontro ISS è emerso chiaramente che anche le imprese del farmaco vogliono continuare ad impegnarsi su questo fronte, come sottolineato dal Presidente Farmindustria.
Un sostegno, questo, che andrebbe ad allinearsi con il quotidiano impegno del CNMR sulle Malattie Rare senza Diagnosi che coordina dal 2016 un progetto bilaterale Italia – USA. Quest’ultimo, “Undiagnosed Rare Disease: a joint Italy – USA Project”, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri della Cooperazione Internazionale (MAE), al quale partecipano sei centri di ricerca clinica italiana appartenenti alla Rete Nazionale Malattie Rare e il National Human Research Institute dell’NIH.
Inoltre, il Centro Nazionale Malattie Rare, assieme al NHGRI/NIH è tra i fondatori dell’Undiagnosed Diseases Network International, al quale partecipano, oltre a Italia e USA, altri Paesi europei (Austria, Francia, Germania, Ungheria, Spagna, Svezia, Olanda), Canada, Giappone, Australia, India, Israele, Corea del Sud, Sri Lanka e Tailandia. L’UDNI garantisce dal 2014 una concreta opportunità di incontro fra i ricercatori geograficamente molto distanti, attraverso la condivisione di informazioni fenotipiche e genotipiche in maniera standardizzata per rendere unico il linguaggio impiegato nella descrizione di un dato scientifico.
A questi impegni si aggiunge la partecipazione attiva, da parte del Centro Nazionale Malattie Rare, alla recente iniziativa finanziata dalla Commissione Europea sulle Malattie Rare “The European Joint Programme on Rare Diseases” con oltre 130 istituzioni da 35 Paesi, con l’obiettivo di creare un network finalizzato alla ricerca sulle malattie rare che sia sostenibile e innovativa.
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