Studio di genetica getta nuova luce sulle laminopatie

Uno studio condotto dal San Raffaele di Milano sugli abitanti del borgo di Caposele getta nuova luce sulle malattie rare legate al gene LMNA. L’intervista di OMaR agli autori dell’indagine

Un malore improvviso, fulmineo e fatale. Nelle colonne di cronaca, la notizia della prematura e repentina scomparsa di una persona che fino a poco prima godeva di perfetta salute viene classificata come una tragica fatalità. Tuttavia, in certe circostanze ad essere responsabile del tragico evento non è il destino, bensì un errore nella sequenza del DNA. Come hanno dimostrato in un recente studio i ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, può essere sufficiente un’anomalia in una sola delle oltre tre miliardi di basi che compongono la doppia elica umana affinché un individuo sia portatore di una laminopatia, patologia associata a mutazioni del gene LMNA che può innescare gravi quadri neurologici e cardiologici.

Il gene LMNA, che contiene le istruzioni per la produzione di proteine note come lamine, è di dimensioni contenute, ma le mutazioni che lo riguardano possono associarsi a fenotipi clinici assai differenti”, commenta la prof.ssa Chiara Di Resta, docente di patologia clinica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e ricercatrice dell’Unità di Genomica per la diagnosi delle Patologie Umane. “In alcune persone la mutazione è correlata alla presenza di una malattia grave e molto rara, come la sindrome di Hutchinson-Gilford, o progeria, da cui era affetto Sammy Basso, in altre è legata a un quadro di cardiomiopatia, in altre ancora il fenotipo aritmico si combina con forme di neuropatia o con difetti muscolari. Ma per quale ragione tutto ciò accada non è ancora stato chiarito”.

Negli ultimi anni - grazie anche al contributo di figure come quella di Sammy Basso, che ha fortemente sostenuto la ricerca sulla progeria - numerosi dati sono stati raccolti sulle laminopatie ma, trattandosi di patologie piuttosto rare, le ricerche necessitano di molto più tempo. Inoltre, per appurare il ruolo di una data mutazione occorre radunare un congruo numero di portatori per confrontare i fenotipi clinici, ma non è semplice avere a disposizione dati a sufficienza per arrivare a deduzioni precise.

Lo studio che abbiamo condotto sugli abitanti di Caposele, un piccolo paese dell’Irpinia, offrirà materiale prezioso per indagare i differenti fenotipi clinici abbinati a un’unica mutazione del gene LMNA”, dichiara Di Resta. “Nello specifico caso, infatti, la mutazione sotto indagine è sempre la stessa (c.208del) ma la popolazione di base è ampia e i fenotipi clinici sono tra loro ben diversi, con quadri più o meno severi. Inoltre, le laminopatie possono insorgere in fasce d’età diverse, e avere a disposizione una popolazione tanto ricca, con minime deviazioni rispetto a una situazione di base, permetterà di giungere a rilevanti conclusioni sulla malattia e sulla sua progressione nel tempo”.

Come è stato possibile ottenere una “fotografia genetica” così dettagliata? La miccia di innesco di questo favoloso lavoro è stata - occorre dirlo – casuale, ma trova giustificazione nell’osservazione clinica che, a dispetto dell’evoluzione tecnologica in medicina, continua a ricoprire un ruolo di primaria rilevanza. “Gelsomina Cione, una collega cardiologa di Avellino, ha inviato alla mia attenzione due pazienti, fratello e sorella, risiedenti a Caposele”, spiega il dott. Simone Sala, cardiologo e aritmologo dell’Unità di Artimologia ed Elettrofisiologia cardiaca del San Raffaele che, insieme ai colleghi Di Resta e Previtali, ha coordinato i lavori dello studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology (JACC): Heart Failure. “Entrambi i fratelli sono affetti da alcune anomalie nel sistema di conduzione che provocano un rallentamento del battito cardiaco (bradicardia)”. In particolare, le cardiomiopatie da lamina (o cardiolaminopatie) sono caratterizzate da un ampio spettro di manifestazioni, che spazia da quadri più aggressivi, che si sviluppano già in giovane età e progrediscono fino a morte improvvisa, fino a forme di aritmia meno severe. “Le bradicardie tendono a presentarsi prima e successivamente il peggioramento della funzionalità cardiaca si osserva con l’espansione del ventricolo sinistro, la riduzione della funzionalità sistolica e l’insorgenza di aritmie ventricolari anche fatali”, puntualizza Sala. “Una volta effettuata la diagnosi di cardiolaminopatia, ai pazienti vengono somministrati farmaci per ridurre la sostituzione del tessuto sano con quello fibroso e si applicano dispositivi miniaturizzati (loop recorder) per il monitoraggio del battito cardiaco ventiquattr’ore al giorno, sette giorni su sette. Infine, nel caso si presentino problematiche tali da richiederlo, si procede con il posizionamento di un defibrillatore”.

Questa operazione è stata appunto eseguita nella donna di Caposele giunta all’attenzione del dottor Sala. “La conferma diagnostica di una mutazione del gene LMNA avrebbe richiesto tempo e il riscontro di una bradicardia imponeva l’apposizione di un pacemaker, utile nei pazienti con disfunzioni del nodo senoatoriale o con blocco del nodo atrioventricolare. Tuttavia, il quadro osservato nella donna aveva indotto in me il sospetto che il problema dei due fratelli potesse essere una forma di laminopatia, perciò optai per l’apposizione di un defibrillatore, uno strumento che può riconoscere aritmie pericolose (come la fibrillazione o la tachicardia ventricolare) e correggere il difetto”, riprende Sala, che al San Raffaele gestisce un ambulatorio dedicato proprio allo studio delle laminopatie dal punto di vista del ritmo cardiaco. “La scelta si è poi rivelata corretta, poiché alcune settimane più tardi la paziente ha sviluppato un’aritmia ventricolare. Se le fosse stato installato un pacemaker non si sarebbe salvata. Nel contempo arrivò anche la conferma genetica del fatto che sia la donna che il fratello erano affetti da una forma di laminopatia”.

Ma il punto di svolta che ha trasformato questo caso clinico in uno studio di genetica di popolazione, cioè un’indagine dei fenomeni ereditari all’interno di un gruppo più ampio di individui, è stata l’entrata in scena di Angelomaria Sista. Abitante di Caposele affetto da una problematica di tipo cardiologico e da disturbi neuromuscolari, Sista si è recato in visita da Sala sottolineando come i problemi di salute riportati dai due fratelli e da lui stesso non rappresentassero casi isolati ma fossero condivisi da molte altre persone del paese.

Le mutazioni del gene LMNA interessano organi e tessuti differenti”, aggiunge il dottor Stefano Previtali, neurologo del San Raffaele e Professore Associato di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Alcune di queste colpiscono anche la funzionalità di muscoli e nervi. In particolare, certi pazienti sviluppano una miopatia e vanno incontro a una ridotta capacità del muscolo di generare forza. In alcune persone l’atrofia si associa a retrazioni tendinee e muscolari con la conseguenza che il muscolo è meno forte e l’arto fatica ad essere esteso correttamente”. Tale problematica può riguardare le dita delle mani, o le braccia, o anche il collo e la schiena, costringendo i pazienti a ruotare tutto il busto per guardare a destra o sinistra; oppure può coinvolgere gli arti inferiori, aumentando il rischio di cadute e determinando un andamento claudicante, proprio come nel caso di Sista.

Alla luce di queste scoperte, Sala si è confrontato con il collega Previtali, con cui da vent’anni ha stabilito un solido asse di collaborazione, e insieme alla professoressa Di Resta è stato progettato lo studio di popolazione sui circa tremila abitanti di Caposele. “Angelomaria Sista e il suo concittadino Pasquale Ceres sono riusciti a ricostruire un imponente albero genealogico degli abitanti del paese, risalendo indietro nel tempo sino a un unico capostipite vissuto alla fine del 1600”, afferma Sala. “Hanno potuto utilizzare i registri della parrocchia, i certificati di nascita e di morte, gli atti di matrimonio e vari documenti notarili conservati in forma cartacea, ricomponendo così il legami di parentela di una popolazione rimasta per molti decenni isolata geograficamente”. Medici e genetisti si sono organizzati e sono giunti a Caposele dove, grazie alla disponibilità delle strutture sanitarie locali, hanno avviato un’analisi genetica di tutti i rami dell’albero genealogico in cui erano presenti problematiche cardiologiche e neuromuscolari tali da far supporre la presenza di mutazione del gene LMNA. A questa campagna di screening ha aderito il 93% dei cittadini contattati, e il risultato è stato stupefacente: in tre distinti momenti d’indagine sono stati sottoposti ad analisi 234 abitanti di Caposele, con il riscontro di 30 portatori della mutazione c.208del (equivalenti al 12,8% del campione esaminato). “La mutazione c.208del non era mai stata descritta in precedenza”, osserva Di Resta. “Inoltre, essa ricade nella regione codificante del DNA, e nello specifico nell’esone 1, cioè nel tratto iniziale del gene LMNA. Questa mutazione provoca la mancanza di un singolo nucleotide, provocando così uno sfasamento della lettura del DNA con la produzione di un segnale di stop prematuro. La proteina codificata è perciò incompleta e, poiché l’errore si genera in una regione altamente conservata del gene LMNA, le conseguenze sono gravi”.

La zoppia da cui sono affetti Sista e tanti altri cittadini di Caposele rappresentava il più evidente segnale neuromuscolare della laminopatia causata dalla mutazione c.208del, spesso associata a problemi cardiologici e a morte improvvisa (è il caso di uno dei genitori dei primi due fratelli sottoposti a osservazione). Il supporto offerto dagli abitanti del paese è stato determinante per giungere a una conclusione che rappresenta, in realtà, un nuovo inizio, dal momento che ora si potranno effettuare ulteriori studi funzionali sulla proteina alterata. “Nel frattempo, tutti i cittadini di Caposele inclusi nello screening sono stati sottoposti a ecografia ed elettrocardiogramma ed è stata avviata una presa in carico mirata sia di coloro che già presentavano i segni della malattia, sia di quanti ancora non erano in cura”, chiarisce Sala. “Tutti sono stati avviati ad un percorso ottimale di monitoraggio della patologia nel tempo”.

Una storia affascinante, dai tratti multidisciplinari - con la triangolazione tra cardiologo, neurologo e genetista - coadiuvata da un’ampia fetta di popolazione (si parla di “citizen science” quando i cittadini collaborano attivamente con gli scienziati ad uno studio). E tutto ha avuto inizio dalla semplice (ma tutt’altro che banale) osservazione clinica, nonché da una scrupolosa raccolta dei dati anamnestici. “Quando una persona riscontra un problema di salute tende a rivolgersi al medico di base o all’ospedale locale, ma in presenza di forme complesse di malattia è importante che i pazienti siano poi indirizzati verso i centri di terzo livello, per essere adeguatamente presi in carico”, conclude Previtali. “La diagnosi di una malattia rara può richiedere molto tempo ma l’osservazione clinica e la cultura del sospetto costituiscono l’autentico punto di partenza di un percorso che coinvolge molti attori e che, oggigiorno, si arricchisce di nuove tecnologie - come l’intelligenza artificiale - che vengono incontro al medico ma che devono essere interrogate con criterio e cognizione di causa per offrire le risposte giuste”.

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