Per la prima volta la sperimentazione è stata fatta sull’uomo
Sostituire il DNA mitocondriale negli ovociti umani per prevenire le patologie mitocondriali ereditarie sembra possibile. Lo avrebbe dimostrato uno studio statunitense effettuato dal team del Dott. Masahito Tachibana, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature.
Le mutazioni del DNA mitocondriale (mtDNA) sono associate a gravi malattie ereditarie, che vengono trasmesse dalla madre al figlio attraverso il citoplasma dell’ovocita, la cellula germinale femminile. Il team dell’Università dell’Oregon ha testato la possibilità di sostituire l’mtDna in alcuni ovociti umani mediante una particolare procedura di trasferimento detta “spindle transfer “, ST.
Il team ha utilizzato 106 ovociti umani, donati a scopo di ricerca, sottoponendone 65 a ST e utilizzandone 33 come controlli. Il tasso di fecondazione degli ovociti ST è risultato molto simile ai controlli, tuttavia il 52 per cento degli zigoti ST hanno mostrato una fecondazione anormale. Gli altri zigoti sono stati invece in grado di sviluppare e produrre blastocisti e cellule staminali del tutto simili agli zigoti di controllo.
La ricerca dimostra quindi che la sostituzione è possibile e potrebbe essere usata per prevenire alcune gravi malattie mitocondriali come neuropatie, atassia e retinite pigmentosa.
''Il trasferimento di mitocondri nel citoplasma degli ovociti si effettua da parecchio tempo, ma è la prima volta che viene eseguito un trasferimento di questo tipo sugli esseri umani. – commenta Massimo De Felici dell'Universita' di Roma Tor Vergata - Con questa tecnica potrebbe essere bloccato un numero rilevante di malattie a carattere ereditario: quelle mitocondriali e trasmissibili dalla madre”
La possibilità di sostituire completamente, in un ovocita, il Dna mitocondriale mutato con quello di una paziente sana promette di trasformare radicalmente lo scenario attuale, nel quale ''non esistono cure per le malattie mitocondriali e i trattamenti disponibili possono solo alleviare i sintomi e ritardare la progressione della malattia'', spiega Tachibana. Per trasformare questa tecnica in una terapia sono necessari ulteriori studi clinici, ''ma questo primo test - conclude lo studioso - è la prova che questa operazione è possibile''.
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