L’uso di un basso dosaggio associato all’ormone della crescita aumenta altezza e stato cognitivo

Dare alle ragazze con sindrome di Turner basse dosi di estrogeni insieme all’ormone sintetico della crescita già nel periodo che precede la pubertà può essere utile per aumentarne la statura finale e anche per migliorate il livello cognitivo e psicosociale. Ad affermarlo è uno studio americano pubblicato il 31 marzo scorso sul New England Journal of Medicine e condotto da un gruppo di ricercatori della Thomas Jefferson University guidato dalla professoressa Judith Ross. Lo studio, frutto del lavoro di 20 anni e conseguenza di una intuizione nata addirittura 25 anni fa, è molto importante perché potrebbe avere l’effetto di cambiare le terapie fino ad ora utilizzate sulle bambine affette da questa malattia. Attualmente, le bambine con sindrome di Turner vengono normalmente trattate con ormone sintetico della crescita e solo a partire dai 12 anni viene indotta la pubertà con una terapia sostitutiva di estrogeni. Questo anche per permette di raggiungere una maggiore altezza nell'età adulta.

Da più di 20 anni circola però l’idea che queste persone potrebbero trarre vantaggio da una somministrazione di estrogeni a basse dosi già nell’infanzia, a partire da circa 9 anni. Non vi erano tuttavia, fino ad oggi, studi che dimostrassero l’utilità di questo tipo di terapia o che ne mostrassero i risultati in associazione al trattamento con l’ormone della crescita. A questo ha dunque pensato il team della professoressa Ross partito dall’ipotesi che le ragazze già prima dello sviluppo producano piccole quantità di estrogeni, cosa che invece nelle bambine con sindrome di Turner non avverrebbe. Dunque somministrare loro dosi molto basse di estrogeni potrebbe avere l’effetto di imitare quello che già avviene in natura con effetti benefici, cosa che lo studio sembra aver dimostrato. “Fino ad oggi le diffidenze verso questa terapia - ha spiegato la dottoressa Ross - derivavano dalla paura che l'uso precoce di estrogeni avrebbe potuto causare prima uno sbalzo di crescita e poi un arresto dello sviluppo, proprio come si vede normalmente nelle ragazze in età puberale".

I ricercatori hanno condotto un lungo studio clinico in doppio cieco e con placebo che ha riguardato ben 149 ragazze con la malattia di Turner, tra i 5 e i 12 anni, che sono state in cura alla Thomas Jefferson University Hospital e al National Institutes of Health tra il 1987 e il 2003. Le ragazze sono state suddivise in 4 gruppi randomizzati, uno trattato con placebo, e dunque senza estrogeni e senza ormoni della crescita, un gruppo con il solo ormone della crescita, uno con soli estrogeni ed un quarto con la combinazione di estrogeni a basso dosaggio e ormone sintetico della crescita. La dose di ormone della crescita è stata dello 0,1 mg per chilogrammo di peso corporeo tre volte a settimana. Le dosi di etinilestradiolo sono stati aggiustati secondo l’età e lo stato puberale. Dopo il raggiungimento dei 12 anni tutte le pazienti hanno poi ricevuto dosi crescenti di etinilestradiolo.

“La quantità di estrogeni somministrati alle ragazze in età prepuberale era molto bassa - spiega la professoressa Ross - solo un cinquantesimo della dose che sarebbe stata data una volta raggiunta la pubertà. Lo studio ha dimostrato che le ragazze che hanno iniziato ad usare il basso dosaggio di estrogeni all'età media di nove anni e che hanno anche usato l'ormone della crescita sono cresciute in media di 3 centimetri in più rispetto alle ragazze che non hanno utilizzato l'ormone della crescita, o alle ragazze trattate solamente con estrogeni a basso dosaggio. Tuttavia – spiega ancora la ricercatrice - gli effetti degli estrogeni a basso dosaggio in età prepuberale non si sono limitati esclusivamente all’accrescimento in altezza ma sono visti anche a livello psicosociale e cognitivo mostrando un generale miglioramento di questi profili. Va notato anche che da adulte il 40 per cento delle pazienti che sono state trattate con ormoni nell’ambito di questo studio hanno raggiunto un’altezza che è all’interno della normalità, cosa che è avvenuta solo tra il 4 per cento di quelle che non hanno ricevuto ormoni”.

Questa ricerca dimostrerebbe dunque che l'uso di estrogeni a basso dosaggio in sinergia con la somministrazione di l'ormone della crescita apporterebbe vantaggi rispetto al tipo di terapia che prevede solo l’ormone della crescita e gli estrogeni dopo i 12 anni”. Lo studio è stato finanziato dal National Institute of Child Health and Human Development e da Eli Lilly and Company.     

 

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