TOKYO (GIAPPONE) – La sindrome di Usher è caratterizzata da cecità neurosensoriale (di solito congenita) associata a retinite pigmentosa e perdita progressiva della vista. Con una prevalenza stimata in 1 su 30.000, è la causa più comune di cecità associata a sordità a esordio nell’infanzia. Le mutazioni nel gene CDH23 sono responsabili per la sindrome di Usher 1D e per la perdita di udito recessiva non sindromica. Uno studio giapponese pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Diseases ha rivelato la prevalenza delle mutazioni CDH23 tra i pazienti con caratteristiche cliniche specifiche.

Dopo aver escluso i pazienti con mutazioni GJB2 e mutazioni mitocondriali m.1555A>G e m.3243A>G, i soggetti per l’analisi della mutazione CDH23 sono stati selezionati in base ai seguenti criteri: perdita dell’udito sporadica o ereditata recessivamente, perdita dell’udito congenita bilaterale non sindromica, nessuna malformazione cocleare, un livello di ascolto più debole alle alte frequenze piuttosto che a quelle basse, perdita uditiva grave o profonda alle alte frequenze.

Settantadue soggetti sono stati selezionati tra 621 probandi con perdita di udito non dovuta a cause ambientali. Dopo il sequenziamento diretto, 13 dei 72 probandi (il 18,1%) avevano mutazioni CDH23 omozigote o eterozigote composte. In totale, sono state identificate 16 mutazioni CDH23, tra cui cinque nuove mutazioni. Le 16 mutazioni comprendevano 12 missenso, due frameshift e due mutazioni del sito di splicing.

Questi risultati hanno rivelato che le mutazioni nel gene CDH23 sono altamente prevalenti nei pazienti con perdita dell’udito congenita ad alta frequenza sporadica o ereditaria, e che lo spettro di mutazione è diversificato, indicando che i pazienti con queste caratteristiche cliniche meritino un’analisi genetica.

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