Nei Paesi a medio e basso reddito, solo un neonato su tre riceve un qualsiasi tipo di screening organizzato

Santa Fe (U.S.A.) – La fondazione americana March of Dimes, fondata dal Presidente Roosevelt nel 1938 per combattere la poliomielite, nel 2006 pubblicò un rapporto sul peso globale delle malattie congenite, rilevando che ogni anno circa 8 milioni di bambini vengono alla luce con una grave malattia congenita (Christianson et al., 2006). Tra le cinque malattie più comuni, che contribuiscono al 25% di questo onere globale, ci sono, al primo posto, i difetti cardiaci congeniti; al terzo i disturbi dell'emoglobina, la talassemia e l'anemia falciforme; e al quinto il deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PD), noto come favismo: tutte queste condizioni possono essere diagnosticate e gestite attraverso lo screening neonatale. A rivelarlo è un recente studio internazionale pubblicato sulla rivista Molecular Genetics and Metabolism.

Il rapporto di March of Dimes ha inoltre rilevato che è possibile prevenire fino al 70% delle malattie congenite, o altrimenti offrire ai bambini colpiti delle cure salvavita per ridurre il peso della disabilità (March of Dimes, OMS, 2006). È proprio in queste categorie che il vero potenziale dello screening neonatale può e deve essere realizzato. Garantire che tutti i bambini, indipendentemente da dove siano nati, abbiano uguale accesso a uno screening neonatale ampio e di qualità è una sfida, in particolare considerando gli alti tassi di malattie congenite nei Paesi a medio e basso reddito, nei quali nasce oltre il 94% dei neonati affetti e avviene il 95% delle morti di questi bambini.

Una constatazione così grave da suscitare la risposta dell'OMS, che nel 2010 ha chiesto agli Stati Membri delle Nazioni Unite di sviluppare piani nazionali per l'attuazione di interventi efficaci, tra cui lo screening neonatale, per prevenire e gestire le malattie congenite (OMS, 2010). Tuttavia, questo invito all'azione è stato in gran parte ignorato nei Paesi a medio e basso reddito, dove nel 2014 solo circa un terzo dei bambini in tutto il mondo riceveva un qualsiasi tipo di screening organizzato (Therrell et al., 2015).

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