Ricercare alla nascita oltre 40 malattie metaboliche rare può salvare molti neonati: l’Italia offre questa opportunità a meno di 1 bimbo su 4, con grandi disparità regionali.
Solo nel 2012 almeno 290 neonati non hanno avuto la diagnosi e subiranno le conseguenze.
LA SEN. TAVERNA (M5S) HA PRESENTATO UN DDL PER ALLARGARE IL DIRITTO IN MODO UNIFORME SU TUTTO IL TERRITORIO.
INTANTO SI DISCUTE UN SUO EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITA’ CHE PREVEDE UNA COPERTURA DI 20 MILIONI DI EURO L’ANNO
Roma, 20 novembre 2013 – Una gravidanza normale, un neonato apparentemente sano, le dimissioni dall’ospedale; poi i primi sintomi, le corse da un ospedale all’altro, il progredire dei segni di una malattia spesso invalidante, in alcuni casi fatale. La maggior parte delle volte la causa è una malattia metabolica rara, difficile da prevedere ma potenzialmente facile da individuare e ‘neutralizzare’ nelle prime ore di vita. La storia e il destino di una vita possono essere racchiusi in una sola goccia di sangue, quella che viene prelevata e analizzata alla nascita per effettuare lo screening neonatale esteso, un semplice esame capace di individuare oltre 40 possibili malattie rare. ‘Esteso’ perché oggi, nonostante la scienza metta a disposizione questa grande opportunità, in Italia lo screening viene garantito a tutti solamente per tre patologie, mentre il controllo su un numero più ampio di malattie viene oggi offerto a meno di 1 neonato su 4. Nel 2012, infatti, sono nati in Italia 534.000 bambini, solo a 159.000 di questi è stato fatto lo screening allargato. Le diagnosi di malattia su questi sono state 56, un settimo di quelle che sarebbero prevedibili. Questo significa che oltre 290 bimbi non hanno avuto la diagnosi e dovranno subirne le conseguenze.
Di questa opportunità di prevenzione, delle diverse politiche di screening regionali che danno vita al fenomeno della ‘Postecode lottery’ e delle soluzioni possibili si è parlato oggi nel corso del convegno “Screening neonatale per la prevenzione delle malattie rare: una proposta contro le discriminazioni dei sistemi sanitari regionali” organizzato a Palazzo Madama dalla Sen. Paola Taverna, Capogruppo del Movimento 5 Stelle – che su questo tema ha presentata un intero DDL e un emendamento alla legge di stabilità - in collaborazione con l’Osservatorio delle Malattie Rare e con l’adesione della Sen. Laura Bianconi (NCD) e della presidente della 12° Commissione permanente (Igiene e Sanità) Sen. Emilia Grazia De Biasi (Pd), che hanno partecipato al convegno portando il loro supporto all’iniziativa.
“I difetti del metabolismo, se non diagnosticati subito, possono trasformarsi in gravissimi danni neurologici – ha spiegato per l’occasione il dr Giancarlo la Marca, Direttore Laboratorio Screening Neonatale della Clinica di Neurologia Pediatrica dell’Ospedale Meyer - Riconoscere tempestivamente il neonato affetto da queste patologie non permette di eliminare il difetto metabolico, ma di ‘neutralizzare’ le conseguenze della malattia, impedendole di generare danni. Oggi siamo in grado di identificare mediante screening neonatale in spettrometria di massa oltre 40 malattie metaboliche rare. In questi casi una dieta specifica o l’uso di terapie disponibili può garantire una vita pressoché normale. Intervenire presto, cosa possibile solo con lo screening neonatale, uno dei progressi più importanti del ventesimo secolo, fa la differenza tra la possibilità di avere una vita normale e non averla. Con lo screening neonatale esteso ogni anno in Italia potremmo salvare la vita o la salute di circa 350 bambini”.
Lo sa bene Manuela Pedron, vicepresidente dell’Associazione Aismme - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche che nel corso del convegno ha raccontato la sua storia.
“Ho iniziato a occuparmi di malattie metaboliche quando è capitato a me – ha detto - entrambe le mie figlie sono nate con una patologia metabolica ereditaria dal nome impronunciabile. La più grande oggi ha 22 anni, la più piccola non è sopravvissuta alla malattia ed è morta dopo solo 11 mesi. La malattia delle mie figlie non è ancora oggi diagnosticabile alla nascita, ma molte patologie metaboliche lo sono.
Eppure continuiamo a ricevere telefonate di genitori che hanno perso il loro bambino o lo hanno visto diventare disabile, bambini che con un test di screening neonatale potevano essere vivi e sano, come è successo ad altri, più fortunati. Ho conosciuto genitori disperati, che nell’attesa di una diagnosi hanno avuto altri figli con la stessa patologia. E’ ora di offrire a tutti i neonati e ai genitori italiani la possibilità di una diagnosi precoce e politiche uniformi: essere in salute o in malattia, non dovrebbe dipendere dalla fortuna di essere nati in una regione o in un’altra. In tal senso ben venga questo disegno di legge che, tra l’altro, prevede un organismo di coordinamento”.
Se con le sempre più evolute tecniche di screening la scienza ha già fatto la sua parte, la politica italiana, al contrario, fino ad oggi non ha trovato il modo di offrire a tutti i neonati questa opportunità di prevenzione e le difformità regionali sono enormi e si possono riassumere in un termine: la ‘POSTECOD LOTTERY’.
In Italia i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) prevedono lo screening neonatale obbligatorio solo per le 3 patologie: Ipotiroidismo Congenito, Fenilchetonuria (PKU) e Fibrosi cistica, delegando alle Regioni la possibilità di ulteriori inclusioni. I programmi di screening per le tre patologie obbligatorie hanno dato grandi risultati. I dati relativi a 25 anni di screening per l’ipotiroidismo, ad esempio, mostrano che questo ha migliorato sia la diagnosi che il trattamento e il costo sostenuto è stato ampiamente giustificato dai vantaggi. Individuarlo alla nascita, infatti, scongiura lo sviluppo di ritardo mentale, che graverebbe in misura maggiore in termini di costi socio-sanitari per la comunità. Nonostante questo lo screening esteso è ancora oggi una scelta di poche regioni.
“La Toscana – ha spiegato Giancarlo la Marca - ha scelto, come progetto pilota dal 2001 e poi con delibera regionale dal 2004, la strada del massimo ampliamento e oggi garantisce lo screening su oltre 40 patologie. Qualche Regione si è adeguata al protocollo esteso che è ormai internazionale, alcune si sono fermate ad un numero minore, la maggior parte non ha ancora iniziato. E’ questo che si intende con “postcod lottery”: la differenze tra la salute e la disabilità per due neonati affetti dalla medesima malattia metabolica, può essere determinata dal nascere a pochi chilometri di distanza e dunque sotto due ‘Cap’ diversi. Per loro le prospettive di vita saranno completamente diverse, e questo non dovrebbe accadere”.
Significativa in questo senso è la triste storia di una bimba umbra raccontata proprio da la Marca. La bimba, nata nel gennaio del 2006 in Umbria, a pochi Km dall’ultimo punto nascita che ci inviava i cartoncini, era perfettamente normale alla nascita, ma in realtà era affetta da un difetto della beta ossidazione degli acidi grassi. Le vennero effettuati allora solo i tre screening obbligatori. A tre mesi di vita la bambina si è ammalata, è entrata in coma e durante il trasporto al Meyer è deceduta. Abbiamo chiesto di poter analizzare il test neonatale che è risultato decisamente alterato per i marcatori del difetto. “Oggi – ha spiegato il medico - nessuno può esserne certo, tuttavia possiamo ipotizzare che se la bambina avesse effettuato lo screening allargato in terza giornata di vita e quindi ancora in fase asintomatica, oggi potrebbe essere ancora viva e magari avere una vita quasi normale”. E’ stato questo l’episodio che ha dato una forte spinta a che la regione Umbria, che ha in seguito deciso, a partire dal 1° gennaio del 2010 di ‘allearsi’ con la Toscana e affidare a questa lo screening neonatale per tutti i suoi nati.
In passato più volte a livello parlamentare si è affrontato il tema dello screening neonatale allargato e spesso le iniziative si sono bloccate per paura dei costi di questa politica, ma si tratta di un falso problema. Il costo dello screening inteso come test è davvero basso intorno ai 40 – 50 euro a neonato, circa 1 euro a malattia.
“Attingendo all’esperienza della Toscana – ha spiegato il Dr. Giancarlo la Marca - posso affermare che lo screening metabolico allargato, se pur esaminato dal punto di vista meramente economico, non pesa negativamente sui costi sanitari, anzi. Un esempio che giustifica il risparmio economico è quello del deficit dell’enzima MCAD, patologie rilevabile con lo screening, che è sicuramente una delle possibili cause di morte improvvisa del lattante (SIDS). Se non diagnosticato un neonato con questo difetto può
morire nei primi giorni di vita o rimanere in vita con danni neurologici permanenti. In quest’ultimo caso i costi sanitari per il trattamento terapeutico e per il sostentamento alle famiglie può raggiungere anche centinaia di migliaia di euro l’anno per un solo paziente. Con lo stesso contributo economico si può effettuare lo screening per una intera regione per tutti i difetti”.
IL DDL TAVERNA E L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITA’
Con il DDL “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”, presentato dalla Senatrice Taverna e firmato da rappresentati di tutti gli schieramenti politici, si intende porre rimedio a questa situazione favorendo l’uniformità delle politiche nazionali e mirando a consentire la diagnosi di malattie per le quali è oggi possibile effettuare una terapia. Tale scopo è peraltro in linea con le 25 Raccomandazioni della Commissione Europea del maggio 2004, relativa alle malattie rare, che raccomandano che gli Stati membri istituiscano in via prioritaria uno screening neonatale generalizzato per le malattie rare ma gravi, per le quali esiste una cura. La Senatrice, pur mirando all’approvazione dell’intero DDL, ha intanto giocato d’anticipo presentando un emendamento alla legge di stabilità, in discussione in queste ore. L’emendamento, qualora approvato, obbligherebbe il governo ad adottare un decreto che inserisca l’obbligatorietà dello screening metabolico allargato e a stabilire la lista delle patologie, il tutto entro tre mesi e con una copertura economica di 60 milioni di euro in tre anni a partire dal 2014: 20 milioni l’anno, una cifra più che sufficiente ad avviare i test in maniera uniforme in tutte le regioni.
IL DDL TAVERNA
Con il DDL “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”, presentato dalla Senatrice Taverna e firmato da rappresentati di tutti gli schieramenti politici, si intende porre rimedio a questa situazione favorendo l’uniformità delle politiche nazionali e mirando a consentire la diagnosi di malattie per le quali è oggi possibile effettuare una terapia. Tale scopo è peraltro in linea con le 25 Raccomandazioni della Commissione Europea del maggio 2004, relativa alle malattie rare, che raccomandano che 'gli Stati membri istituiscano in via prioritaria uno screening neonatale generalizzato per le malattie rare ma gravi, per le quali esiste una cura'.
Come spiegato da Paola Taverna: "Il problema del riparto di competenze Stato-Regioni deve essere senz'altro affrontato. L'attuale panorama sanitario sul territorio del nostro Stato è eterogeneo e frammentato, con sensibilissime differenze tra Regioni più ricche e Regioni più povere, il che risulta del tutto incompatibile con quanto stabilito dalla nostra Costituzione.
Con il titolo che abbiamo dato alla Conferenza, "Screening neonatale per la prevenzione delle malattie rare: una proposta contro le discriminazioni dei Sistemi Sanitari Regionali", vogliamo far emergere il concetto secondo il quale la disomogeneità porta inevitabilmente a discriminazioni. Non possiamo tollerare che vi siano in Italia cittadini di serie A e di serie B, neonati con differenti diritti.
Bisogna restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale e, dunque, recuperare una visione di insieme, superando così l'attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali. In tal modo si potrà garantire una migliore equità nell'erogazione delle prestazioni delineando un servizio pubblico sanitario caratterizzato da principi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi. Per evitare che le regioni adottino preferenze di «gestione della salute» secondo logiche particolaristiche, lo Stato si deve riappropriare della "materia" salute, in modo che possa dettare standard comuni e criteri omogenei che rappresentino degli imperativi per le Regioni.
Noi del Movimento 5 stelle abbiamo presentato un ddl che reca "Modifiche all'articolo 117 della Costituzione, concernenti l'attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della salute".
Mai quanto oggi, alla luce della gestione dissennata della Sanità effettuata negli ultimi anni da molte Regioni italiane, il che è dimostrato inequivocabilmente dall'alto numero di esse attualmente commissariato o comunque sottoposto a piani di rientro del debito, sarebbe fondamentale operare questa revisione costituzionale, al fine di garantire finalmente un'applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale del fondamentale diritto alla salute sancito dall'art. 32 Cost”.
Al convegno ha partecipato anche il Prof. Bruno Dallapiccola direttore scientifico dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e coordinatore di Orphanet in Italia. “Trovo condivisibile il ruolo di coordinamento che questo DDL attribuisce ad Agenas – ha detto - La disomogeneità tra le regioni italiane è decisamente troppa e, se si vuole ridurla, è necessario che qualcuno individui i modelli organizzativi più funzionali e renda lo screening allargato maggiormente sostenibile. In tal senso sarebbe auspicabile una politica di ‘alleanze’ tra Regioni, che potrebbero condividere costi e logistica, in analogia con il modello Toscana-Umbria”. Il prof. Dallapiccola, che ha rappresentato l’Italia in EUCERD si è poi focalizzato sulla situazione europea. “Anche tra i paesi europei – ha spiegato - c’è notevole disomogeneità di politiche. Per questo EUCERD ha recentemente proposto una serie di raccomandazioni che possono costituire punti di partenza per la creazione di una politica condivisa sugli screening neonatali. Un obiettivo che non appare vicino. Le comunità di esperti stanno comunque lavorando, in attesa che maturino le decisioni politiche. Infatti, proprio in questi giorni, all’Ospedale Bambino Gesù, abbiamo riunito gli esperti europei che si occupano di screening neonatale all’interno del Registro delle reti e per le omocistinurie e i disturbi della metilazione (E- HOD) che elaboreranno raccomandazioni, in base ai dati e alle competenze acquisite dai paesi che hanno alle spalle una storia di screening per queste malattie”.
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