La storia e il destino di una vita possono essere racchiusi in una sola goccia di sangue. Analizzarla oppure non analizzarla quando questa nuova vita viene al mondo può cambiare tutto. Lo sa bene Manuela Pedron, vicepresidente dell’Associazione Aismme e lo sanno tutte quelle mamme e quei papà che negli anni si sono rivolti all’associazione raccontando le loro storie, alcune a lieto fine altre tragiche. La differenza tra l’uno e l’altro caso passa spesso proprio da quella goccia e dunque dallo screening neonatale. E' proprio con la sua storia che si è aperto il convegno "Screening neonatale per la prevenzione delle malattie rare: una proposta contro le discriminazioni dei sistemi sanitari regionali". Quella che segue è un'intervista ad Manuela Pedrona
Quando ha cominciato ad interessarsi di malattie metaboliche?
Ho iniziato a occuparmi di malattie metaboliche quando è capitato a me: entrambe le mie figlie sono nate con una patologia metabolica ereditaria dal nome impronunciabile. La più grande delle mie figlie oggi ha 22 anni, la più piccola non è sopravvissuta alla malattia ed è morta dopo solo 11 mesi. Per questo oggi mi impegno, insieme all’associazione di cui sono vicepresidente, a garantire a tutti i neonati italiani la possibilità di una diagnosi precoce che può salvare loro la vita. La malattia delle mie figlie non è ancora oggi diagnosticabile alla nascita, ma molte patologie metaboliche lo sono, eppure negli anni ho conosciuto tanti genitori che hanno perso un figlio per mancanza dello screening alla nascita. Erano bambini che potevano essere salvati, come è successo ad altri, più fortunati. Ma vivere o morire, essere in salute o in malattia, non dovrebbe dipendere dalla fortuna di essere nati in una regione o in un’altra.
Qual è oggi la situazione in Italia e quali sono le storie delle famiglie che si rivolgono a voi?
Solo ad un neonato su 4 viene fatto lo screening allargato: il 75% dei bambini italiani non ha questa fortuna. Il 30% di questi bimbi meno fortunati muore prima di aver raggiunto i cinque anni e spesso senza che la famiglia conosca ancora il nome della malattia che li ha colpiti. Per queste malattie il tempo medio di diagnosi è di 8 anni: spesso è troppo tardi. Nel frattempo si sono già manifestati i danni che possono rendere i pazienti gravemente invalidi, persone che dipenderanno per tutta la vita dalle proprie famiglie, dalle cure mediche, dai ricoveri ospedalieri. La diagnosi di mia figlia, con una malattia così rara e complessa, per esempio, è arrivata dopo oltre 15 anni. Sono troppo pochi i medici in grado di diagnosticare queste patologie così rare e subdole.
La maggior parte dei genitori che ci contattano sono persone che hanno scoperto di essere portatori sani di una malattia metabolica solo dopo la nascita di un figlio malato. Sono famiglie che hanno compiuto lunghi viaggi per una diagnosi o per trovare un medico in grado di assisterli al meglio. Famiglie che hanno perso il bambino o lo hanno visto diventare disabile, e che vengono a sapere che con un test di screening neonatale poteva essere sano. E ci sono anche genitori disperati, che nell’attesa di una diagnosi hanno avuto altri figli con la stessa patologia.
E’ ora di offrire a tutti i neonati e ai genitori italiani la possibilità di una diagnosi precoce e di scelte consapevoli. E’ ora di politiche uniformi, e in tal senso ben venga questo disegno di legge che, tra l’altro, prevede un organismo di coordinamento.
Per info:
AISMME – ASSOCIAZIONE ITALIANA SOSTEGNO MALATTIE METABOLICHE EREDITARIE ONLUS
Via Niccolò Tommaseo, 67/c – 35131 PADOVA tel. 049-9900.700
http://www.aismme.org/
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