Intervista a Maria Dutarte, Executive Director EUPATI - European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation, e Sarah Bernier, IHI-READI Project Coordinator
Si chiama READI (Research in Europe and Diversity Inclusion) il progetto europeo lanciato a gennaio 2025 che punta a rivoluzionare il mondo della ricerca clinica, rendendola finalmente inclusiva e accessibile a tutte quelle comunità spesso escluse o sottorappresentate: minoranze etniche, persone LGBTQ+, popolazione anziana e gruppi economicamente fragili. Con un finanziamento di 66,8 milioni di euro proveniente dall’Innovative Health Initiative (IHI) dell'Unione Europea, READI vuole creare per gli studi clinici un ecosistema più coeso e “democratico”, capace di superare barriere come diffidenza, scarsa comunicazione e limiti geografici che oggi impediscono a molte persone di partecipare ai trial clinici.
In Europa, infatti, diverse popolazioni continuano a restare ai margini della ricerca, creando lacune significative nella conoscenza delle malattie e nell'efficacia delle cure. Per questo, READI vuole mappare le caratteristiche delle persone sottorappresentate tramite dati reali (Real-World Data), stabilire criteri standardizzati per l'inclusione negli studi clinici e orientare le politiche regolatorie e tecnologiche verso una maggiore rappresentatività. Coordinato dal Servicio Madrileño de Salud (SERMAS) attraverso l'Hospital Universitario La Paz di Madrid, con Novartis capofila e il supporto tecnico di The Synergist (Belgio), READI coinvolge 73 organizzazioni provenienti da 18 Paesi europei, tra università, istituti di ricerca, aziende farmaceutiche e associazioni di pazienti. L’ambizione del progetto è chiara: trasformare profondamente la ricerca clinica in Europa, rendendola equa, rappresentativa e davvero capace di garantire a tutte le persone la possibilità di beneficiare delle innovazioni sanitarie.
In che modo READI può promuovere un approccio più democratico alla ricerca clinica?
“Il progetto READI è un'iniziativa multi-stakeholder che riunisce un gruppo eterogeneo di partner da tutto il mondo, con l'obiettivo di rendere gli studi clinici più accessibili alle popolazioni svantaggiate e sottorappresentate in Europa. Considerata l'ampiezza del progetto (6 anni) e l'elevato numero di membri del consorzio (attualmente oltre 300), le attività sono suddivise in 10 work package, che coprono aspetti come la conoscenza nello sviluppo dei farmaci e nella conduzione degli studi clinici (progettazione e operatività), strategie di coinvolgimento per le popolazioni US/UR, sviluppo di piattaforme digitali, iniziative di formazione e sviluppo delle competenze, comunicazione e disseminazione efficace, sostenibilità a lungo termine, oltre a questioni etiche e normative. Attraverso la collaborazione tra stakeholder, la formazione e una piattaforma digitale centrata sulla persona, READI punta a superare le barriere di partecipazione (gap informativi, sfiducia, pregiudizi, ecc.) per migliorare l'accesso agli studi clinici e, a lungo termine, ridurre le disuguaglianze sanitarie”.
Chi sono le persone attualmente escluse dalla ricerca clinica e perché?
“Attraverso l’analisi dei dati del mondo reale, il progetto READI mira a identificare e caratterizzare le popolazioni attualmente escluse dagli studi clinici, come ad esempio le persone giovani e anziane, le donne o le persone di genere diverso, la comunità LGBTQI, le persone con disabilità, le persone rifugiate, tenendo conto anche delle differenze culturali, razziali, etniche, religiose, delle convinzioni personali, dello status socio-economico e del livello di istruzione. Creando una comprensione condivisa di come e perché queste popolazioni siano sottorappresentate e svantaggiate negli studi clinici in Europa, il consorzio fornirà un approccio basato sui dati per mitigare questi bias”.
Qual è il contributo di EUPATI al progetto?
“EUPATI è co-leader di uno dei work package del progetto, che si concentrerà sulla creazione di risorse educative e corsi di formazione su misura per diversi stakeholder, supportati anche da una piattaforma di apprendimento virtuale. La sua expertise riguarda la formazione delle persone e degli stakeholder (in particolare delle industrie farmaceutiche e del mondo accademico) nella ricerca e nello sviluppo di farmaci in Europa, con un approccio internazionale e non legato a specifiche patologie. All'interno di READI, mette a disposizione questa competenza e, insieme agli altri partner del progetto, si impegna a co-creare percorsi formativi destinati al consorzio, alle persone pazienti e alle loro organizzazioni, al pubblico generale, al personale sanitario (HCPs) e alle CRO (Contract Research Organisations). I corsi varieranno per obiettivi e formato a seconda dei destinatari, con l'obiettivo generale di rafforzare e rendere più coesa la collaborazione tra popolazioni di persone pazienti e altri stakeholder nella ricerca clinica in Europa. Contribuisce inoltre ad altri 4 work package, apportando il proprio know-how insieme a un'ampia rete di partner, per raggiungere i diversi obiettivi e traguardi previsti nei prossimi 6 anni”.
Quali strumenti digitali state sviluppando o utilizzando per facilitare la collaborazione tra i vari stakeholder e migliorare l'inclusività negli studi clinici?
“Per supportare la collaborazione negli studi clinici, sarà sviluppata una piattaforma virtuale di apprendimento come hub centrale, multilingue, per materiali formativi, buone pratiche di coinvolgimento delle persone pazienti e strumenti di apprendimento interattivi. La piattaforma sarà integrata nell'ecosistema più ampio di READI (ad esempio: sviluppo della piattaforma digitale in WP2, integrazione della toolbox di WP3, garanzia di sostenibilità e scalabilità grazie agli obiettivi di WP6 e WP9) per assicurare coerenza e accessibilità a tutti gli strumenti e risorse del progetto. L'attenzione sarà posta sulle esigenze delle popolazioni svantaggiate, affrontando la questione dell’alfabetizzazione digitale, facilitando la connessione tra stakeholder, la costruzione di competenze e garantendo la sostenibilità a lungo termine”.
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