Effettuato a Siena il primo intervento italiano di trapianto di midollo osseo per curare una grave malattia genetica, la MNGIE, cioè la sindrome da encefalopatia neurogastrointestinale mitocondriale, una malattia che si presenta tra l’adolescenza e l’età giovanile in casi molto rari, meno di uno ogni milione. L’eccezionale traguardo è stato raggiunto dal Centro Trapianti e Terapia Cellulare del policlinico Santa Maria alle Scotte, diretto dal dottor Giuseppe Marotta, con la preziosa collaborazione della Neurologia Malattie Neurometaboliche, diretta dal professor Antonio Federico e della sezione di Malattie Neurologiche Rare, diretta dalla professoressa Maria Teresa Dotti.

La paziente è una giovane di 23 anni della provincia di Siena, colpita da questa malattia dall’esito infausto che colpisce il sistema neurovegetativo, con debolezza agli arti e danni ai muscoli, aggredendo in modo particolare l’apparato digerente e il cervello. “La sua unica possibilità di salvezza – spiega il dottor Marotta – era rappresentata dal trapianto. La complessità del caso è stata attentamente valutata grazie all’approccio multidiscipliniare e alla collaborazione con il reparto diretto dal professor Federico, punto di riferimento nazionale per queste patologie, il cui supporto è stato fondamentale”.
Il midollo è stato donato dal fratello della giovane paziente e il trapianto è stato realizzato grazie alla collaborazione dei dottori Alessandro Bucalossi, Monica Tozzi, Mariapia Lenoci, con il neurologo Francesco Sicurelli e, per il prelievo di midollo, dell’anestesista Pasquale D’Onofrio e della biologa Donatella Raspadori.
“Abbiamo diffuso ora la notizia – aggiunge Marotta – a circa sei mesi dalla procedura, perchè abbiamo voluto attendere il completo attecchimento del midollo osseo trapiantato. La giovane paziente è in ottime condizioni cliniche e ha completamente recuperato i valori ematologici e normalizzato i livelli dell’enzima carente. Stiamo mettendo a punto un protocollo terapeutico per trattare altri pazienti colpiti da questa grave malattia che non hanno un donatore familiare disponibile”.


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