Il racconto pubblicato nel notiziario n 11 del Centro Nazionale delle Malattie Rare

“Abitiamo in una città universitaria del nord. La nostra bambina, apparentemente sana dalle ecografie prenatali, ha iniziato a manifestare scarso accrescimento di peso fin dalla nascita. È risultata un falso negativo al test della tripsina ma questo l'abbiamo scoperto dopo. Nessuno ci ha mai parlato degli screening neonatale di routine e ignoravamo l'esistenza della malattia”. Comincia così il racconto di due genitori pubblicato sul  notiziario n. 11 del Centro Nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di Sanità.

“Siamo passati attraverso due mesi di allattamento difficile, semi-collassi e infine anemia. Il giorno del ricovero (la bambina aveva due mesi, appunto) è stata effettuata una trasfusione critica, con incisione chirurgica al piede e in anestesia, per l'impossibilità di trovare una vena. A quel punto – raccontano - abbiamo trascorso un mese di accertamenti clinici e di laboratorio in ricovero ospedaliero. Sebbene nei resoconti periodici dei dottori non venissimo coinvolti nei sospetti e nelle strategie diagnostiche, il ricovero è stato condotto al meglio, con cura nell'alimentazione, nell'igiene, nel conforto da parte degli infermieri e nell'ascolto da parte dei medici. Dopo aver via via escluso malassorbimento, malformazioni agli organi interni, patologie neurali e quant'altro, alla fine del mese si è giunti al test del sudore. Ancora una volta non sapevamo cosa fosse il test e cosa i medici avrebbero scoperto analizzandone i risultati. In ospedale ci hanno riferito il sospetto di "fibrosi cistica atipica" e indirizzato verso il centro di cura regionale. L'incontro con i medici del centro (di piccole dimensioni e quindi a carattere più familiare) è stato, nell'angoscia, positivo. Siamo stati accolti, istruiti, preparati alla serietà della situazione. L'analisi genetica ha poi fugato ogni dubbio: mutazione df508 omozigote, fibrosi cistica in forma completa. Il medico del centro è pronto a fugare ogni nostro dubbio sulla evoluzione naturale della malattia, risponde puntualmente alla richiesta di consigli e c'è la massima disponibilità anche da parte di infermieri e fisioterapisti. Non si fa mai menzione di nuove terapie. L'impressione è che non si voglia/possa illudere la famiglia: si parla solo della gestione della terapia proposta e non di ciò che sarà o potrebbe essere. Nonostante la ritrosia a parlare di nuove terapie in sede di visita di controllo, periodicamente vengono organizzati seminari di resoconto su congressi americani e stato dell'arte. Un'altra impressione è che non si intervenga su una situazione stabile. Se il paziente sta rispondendo bene alle cure, perché intervenire con altri tentativi? Abbiamo cambiato due o tre pediatri nei primi due mesi di vita di nostra figlia. Siamo approdati solo per un caso a una persona competente e che fortunatamente aveva lavorato con adulti e bambini malati di fibrosi cistica".

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Nonostante l'esperienza di fibrosi cistica - dicono - la disponibilità e accuratezza nelle visite e gli accorgimenti per evitare contatti con altri piccoli pazienti malati, il pediatra ci ha posto la seguente domanda: "quale dei due genitori è portatore?" contribuendo alla sensazione che questa patologia rara è poco conosciuta anche nel settore medico”.
La fibrosi cistica è infatti una malattia genetica trasmissibile per via autosomica recessiva, questo significa che perché la malattia si manifesti è necessario che ad essere affetti dalla mutazione siano entrambe i genitori.
“Da parte nostra – considerano i genitori - crediamo che ci si debba affidare alla figura professionale, ma a carte scoperte. Non ci piacciono i misteri né la presunzione di conoscenza. Nella nostra famiglia, poi, uno dei genitori è desideroso di saperne di più, di rincorrere la novità terapeutica, di nutrire speranze anche remote, l'altro non vuole approfondire gli aspetti più strettamente tecnici ma vuole comprendere il perché della scelta terapeutica. Ecco perché, pur non chiedendo continuamente delucidazioni, ascoltiamo con molta attenzione e con orecchio critico le parole che ci vengono dette. La fibrosi cistica è una malattia che fin da subito (e non alla lunga come si potrebbe essere portati a credere) pone delle limitazioni. Riteniamo perciò di grande aiuto la facilità di accesso ai servizi, ai farmaci, agli strumenti, alle agevolazioni economiche e lavorative: rendono la gestione della cronicità, di per sé sconfortante, riconducibile a una vita quasi normale”

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