Ci vogliono circa 5 minuti per somministrare la terapia, ma il San Raffaele terrà i pazienti per 3 settimane, effettuando un ciclo di riabilitazione e tenendo sotto controllo ogni possibile reazione avversa

In occasione del primo studio clinico per il trattamento della sclerosi multipla (SM) con infusione di cellule staminali neurali, presentato al Congresso scientifico di FISM a Roma, abbiamo posto alcune domande al Professor Giancarlo Comi, primario di Neurologia e direttore dell'Istituto di Neurologia Sperimentale dell'IRCCS Ospedale San Raffaele. Il Professor Comi si è occupato, in particolare, dell’implementazione del protocollo clinico dello studio.

Professor Comi, quali sono gli aspetti innovativi di questa sperimentazione?
Questo è il primo studio in cui si somministrano cellule staminali di natura neurale in pazienti affetti da sclerosi multipla. La bio-somministrazione avviene per via diretta nel liquido cerebrospinale attraverso una puntura lombare. Con questo studio non intendiamo valutare l’efficacia, ma la sicurezza della procedura; vogliamo altresì procedere alla valutazione di dosi crescenti di cellule staminali per riuscire a selezionare il rapporto di tollerabilità migliore per i pazienti. Ovviamente, in parallelo si valuterà anche l’efficacia, attraverso parametri di natura clinica.

Come funziona l’infusione?
La durata dell’infusione varia dai quattro ai cinque minuti; questa “pappetta” di cellule viene somministrata con un flusso regolare, che non dev’essere troppo veloce per evitare di stimolare la reattività dei tessuti che contengono il liquido spinale, né troppo lenta perché si tratta di una manovra invasiva e la permanenza prolungata dell’ago rischia di causare mal di testa e rigidità della schiena nel soggetto.

Quali saranno i tempi di ricovero per i pazienti?
I tempi di ricovero sono molto brevi, basterebbero 48 ore. Tuttavia, dopo l’intervento, trattandosi di pazienti disabili, effettuiamo un percorso riabilitativo di tre settimane che comprende cicli di fisioterapia. Il percorso ha l’obiettivo di consentire un miglioramento della condizione fisica ed estendere l’osservazione per qualsiasi potenziale evento avverso.

Cosa vi aspettate da questo studio?
Ci aspettiamo che questo tipo di somministrazione non comporti reazioni negative da parte dell’organismo. Non dimentichiamo che la somministrazione è associata a una terapia immunosoppressiva, perché si tratta di un trapianto di cellule che non appartengono al paziente ma sono di origine fetale. Se durante la valutazione del rapporto di tollerabilità non emergeranno elementi negativi, avremo tutte le premesse utili per un classico studio di efficacia di Fase II.

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