Trovate nuove mutazioni coinvolte nella malattia, studiati quasi 10 mila pazienti
Arriva da una delle più prestigiose riviste scientifiche la conferma della natura autoimmune di una delle malattie croniche sulle quali è più alta l’attenzione in questo momento, la sclerosi multipla. La rivista Nature ha infatti appena pubblicato i risultati di un nuovo studio multicentrico internazionale, il più grande mai realizzato fino ad oggi, coordinato da ricercatori delle università di Cambridge e Oxford, con il coinvolgimento fra gli altri di vari gruppi di lavoro italiani. Questo studio ha confermato il ruolo di 23 geni già in precedenza correlati alla sclerosi multipla, identificando però 29 nuove varianti genetiche correlate alla patologia e altre 5 fortemente sospettate di aumentare la predisposizione alla malattia.
Raddoppia dunque il numero dei geni associati alla sclerosi multipla. La ricerca è stata finanziata dall'associazione no profit Wellcome Trust e co finanziata da Fism (Fondazione italiana sclerosi multipla), ministero della Salute (Progetto giovani ricercatori), Regione Piemonte e Fondazione Crt.
Allo studio hanno lavorato circa 250 scienziati dell'International Multiple Sclerosis Genetics Consortium (Imsgc) e del Wellcome Trust Case Control Consortium. Fra le strutture partecipanti nel nostro Paese anche la Fondazione Cà Granda Policlinico e l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano. Gli scienziati hanno studiato il Dna di 9.772 malati di sclerosi multipla e di 17.376 persone sane, riuscendo ad aggiungere nuove tessere al puzzle genetico della malattia degenerativa. Secondo gli autori, soprattutto, la ricerca conferma la natura immunitaria della patologia. Un grande numero dei geni che il mega-studio correla alla sclerosi multipla gioca un ruolo chiave nei meccanismi alla base delle difese immunitarie, in particolare nelle funzioni dei linfociti T e delle interleuchine, i mediatori dell'infiammazione.
È interessante inoltre notare che un terzo dei geni identificati nella ricerca siano stati precedentemente implicati in altre malattie autoimmuni (per esempio la malattia di Crohn e il diabete di tipo 1), il che apre la strada a un approccio comune, potenzialmente efficace contro più patologie.
“I risultati genetici oggi pubblicati - commenta Alastair Compston a nome del consorzio internazionale Imsgc - confermano che i meccanismi causali della sclerosi multipla sono primariamente immunologici, con importanti implicazioni per le future strategie terapeutiche. La nostra ricerca - aggiunge lo scienziato - chiude un dibattito di vecchia data su cosa avvenga prima della complessa catena di eventi che portano alla disabilità nella sclerosi multipla. È adesso chiaro che la sclerosi multipla è primariamente una malattia immunologia.
Fra gli italiani coinvolti nello studio c'è la ricercatrice Daniela Galimberti, vincitrice del premio Sapio per la ricerca italiana, che ha fornito il Dna dei pazienti del Centro sclerosi multipla della Fondazione Policlinico di Milano. Una struttura di cui è responsabile il Elio Scarpini, della Neurologia dell'Irccs di via Sforza diretta Nereo Bresolin.
“Questa scoperta - commenta Galimberti - riporta la causa della sclerosi multipla a un processo infiammatorio cerebrale e a un'alterazione primitiva del sistema immunitario, ipotesi recentemente messa in dubbio da ricercatori italiani, sostenitori invece dell'esistenza di un disturbo primitivamente localizzato alla circolazione venosa del cervello - ricorda la scienziata facendo riferimento all'ipotesi Zamboni - Tale interpretazione - ha condotto alla proposta di un trattamento attraverso procedure di tipo vascolare, la cui reale efficacia è tuttora in corso di verifica scientifica. Rimane la certezza rappresentata dai farmaci immunomodulanti di nuova generazione - continua - che saranno molto presto disponibili in Italia anche per via orale sotto forma di comode compresse”.
Ruolo di spicco nello studio internazionale anche per l'Irccs San Raffaele di Milano. Il braccio italiano della ricerca è stato infatti coordinato da Filippo Martinelli Boneschi, responsabile del Laboratorio di neurogenetica dell'Istituto di neurologia sperimentale dell'ospedale di via Olgettina, insieme a Sandra D'Alfonso (Dipartimento di scienze mediche e Ircad Università del Piemonte Orientale 'Amedeo Avogadro’ di Novara).
“L'attuale scoperta rappresenta un fondamentale avanzamento nella conoscenza della malattia aprendo importanti prospettive anche in campo terapeutico - sottolinea Martinelli Boneschi - Vari fattori genetici, diversamente combinati in ogni paziente - conclude Giancarlo Comi, direttore dell'Istituto di neurologia sperimentale e del Dipartimento di neurologia del San Raffaele - contribuiscono a determinare la suscettibilità individuale alla malattia dimostrando l'importanza della personalizzazione del trattamento”.
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