Uno studio italiano condotto al Besta conferma la necessità di approfondire il rapporto tra SM e alimentazione
MILANO - Una recente revisione sistematica Cochrane, condotta dal Gruppo Cochrane Sclerosi Multipla e malattie rare del sistema nervoso dell’ Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, ha cercato di fare il punto sull’efficacia di interventi dietetici per i pazienti affetti da Sclerosi Multipla (SM).
Il team di ricercatori, coordinato dalla Dott.ssa Mariangela Farinotti, ha indagato l’importanza di alcuni regimi alimentari, in particolare quelli comprensivi di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e vitamine, per capire se e quanto possano migliorare gli esiti della malattia o interagire con i trattamenti farmacologici. I pazienti affetti da SM infatti sono soliti seguire diete particolari, utilizzando integratori alimentari, nella convinzione che possano migliorare la propria salute.
L’indagine, pubblicata sul Cochrane Database of sistematics reviews ha utilizzato tutti gli studi randomizzati svolti in precedenza su uno specifico trattamento dietetico, estraendone e valutandone i dati principali.
Stando alle conclusioni dei ricercatori i PUFA non sembrano modificare l’andamento di progressione della malattia, ma tendono a ridurre leggermente la frequenza delle ricadute (comparsa di nuovi sintomi o peggioramento di sintomi preesistenti della durata di almeno 24 ore e preceduta da una fase di remissione o mancata manifestazione neurologica di almeno un mese). I dati disponibili sono però insufficienti, secondo gli autori, per valutare un reale beneficio o danno da PUFA.
Ancora meno evidenze sono state riscontrate per quanto riguarda i possibili benefici o rischi connessi alla supplementazione di integratori vitaminici e antiossidanti per ritardare la progressione di malattia o ridurre le ricadute. Saranno dunque necessari ulteriori studi specifici per determinare l’efficacia di interventi dietetici nella SM.
“Le cause della Sclerosi Multipla (SM) non sono ancora conosciute. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che la dieta, cioè le abitudini alimentari, possano avere un ruolo in questa malattia. – spiega la Dott.sa Mariangela Farinotti, Neuroepidemiologa del Besta a Osservatorio Malattie Rare - Gli acidi grassi poli-insaturi (PUFA) contengono acidi grassi omega-3 e omega-6 che sono considerati essenziali per la buona salute della popolazione generale. Alcune evidenze di studi sulla distribuzione geografica e l’incidenza della SM hanno mostrato che nei Paesi dove la dieta è ricca di PUFA, ad esempio da pesci marini, olio, semi oleosi e cereali, c’è una minore incidenza di SM. Altri studi hanno suggerito un collegamento fra SM e una carenza di vitamine, soprattutto vitamina D e B12, o fra SM e allergie alimentari.
Basandosi su queste ricerche, o sulla consultazione di Internet che non sempre offre evidenze scientifiche, molte persone con SM modificano la loro dieta e usano supplementi alimentari nella speranza che questo possa aiutare a ridurre i loro sintomi.”
“I risultati della ricerca che abbiamo condotto, sugli studi randomizzati e controllati che sono stati pubblicati su riviste scientifiche, - continua Farinotti - non ci permettono di dare una risposta definitiva alle persone con SM sull’uso dei PUFA. Non è possibile dare una risposta nemmeno su altri tipi di dieta suggeriti per la SM, ad esempio ricche di antiossidanti o senza allergeni, perché non ci sono ancora trial clinici pubblicati su questi argomenti. Questo è un problema ed un peccato perché la “Dieta per la SM” è stato il primo argomento scelto dai pazienti con SM del nostro Gruppo Cochrane sottolineandone la grande rilevanza. Le modifiche della dieta usuale nella SM, tramite correzioni o integratori, dovrebbero essere oggetto di studi futuri condotti con le stesse regole scientifiche delle sperimentazioni sui farmaci.
Il Gruppo Cochrane SM e malattie rare del sistema nervoso sta valutando la possibilità di una nuova ricerca sull’utilizzo di PUFA nella SM raccogliendo le informazioni da studi non randomizzati (esclusi dalla prima ricerca). Questi studi hanno problemi metodologici importanti, ma potrebbero fornire qualche evidenza utile alle persone con SM per decidere se intraprendere o no questa integrazione alla loro dieta.”
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