Una nuova analisi su natalizumab presentata in occasione del meeting annuale dell'American Accademy of Neurology mostra un miglioramento della velocità di deambulazione in un numero significativo di pazienti

Biogen Idec ha annunciato che un’analisi post-hoc dei dati tratti dallo studio AFFIRM dimostra che natalizumab ha aumentato in modo significativo la percentuale di pazienti, affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR), con un miglioramento confermato della velocità di deambulazione (CIWS, Confirmed Improvement in Walking Speed) rispetto al placebo, dopo due anni. Ulteriori dati tratti da registri osservazionali indicano che il passaggio al trattamento con natalizumab dopo recidiva di sclerosi multipla (SM) in corso di terapia con interferone beta (IFNbeta) o glatiramer acetato (GA) ha ridotto il rischio di future recidive e di interruzioni del trattamento. Questi dati sono stati presentati in occasione del 66o meeting annuale dell’American Academy of Neurology (AAN) tenutosi a Philadelphia, Pennsylvania (26 aprile-3 maggio 2014).

“Siamo ampiamente coscienti del fatto che la sclerosi multipla abbia un impatto significativo sulla deambulazione, un problema fondamentale per le persone che convivono con questa malattia, e per questo motivo abbiamo analizzato i dati dello studio AFFIRM per valutare il potenziale impatto di natalizumab sulla velocità di deambulazione,” ha affermato Alfred Sandrock, M.D., Ph.D., Senior Vice President del gruppo e Chief Medical Officer di Biogen Idec. “Al trattamento con natalizumab è associato a un aumento del 20% della velocità di deambulazione, un miglioramento rilevante dal punto di vista clinico, in un numero significativamente maggiore di pazienti rispetto al placebo.”

Impatto di natalizumab sulla velocità di deambulazione

AFFIRM è uno studio randomizzato, multicentrico, controllato verso placebo, in doppio cieco, della durata di due anni condotto su 942 pazienti affetti da SMRR per la valutazione degli effetti di natalizumab sulla progressione della disabilità fisica e sul tasso di recidive cliniche. Un’analisi post-hoc dello studio AFFIRM ha valutato l’impatto di natalizumab sulla percentuale di pazienti con CIWS, definito come l’aumento rispetto al basale (di ? 20%) della velocità di deambulazione determinata al test dei 25 piedi (T25FW, Timed 25-Foot Walk), confermato dopo 12 settimane, rispetto al placebo.

I risultati indicano che, nel corso di due anni, il CIWS si è associato in modo significativo al miglioramento delle funzionalità fisiche riportate dai pazienti.

Rispetto al placebo, dopo i due anni di trattamento, natalizumab ha aumentato la percentuale di pazienti con CIWS del 79% (natalizumab 12,3%; placebo 6,9%; p=0,0133). Questi effetti sono stati più significativi e precoci nei soggetti con disabilità di grado più elevato, per i quali il CIWS è aumentato di cinque volte rispetto al placebo dopo il primo anno.

Sebbene molti studi clinici sulla sclerosi multipla misurino la progressione della disabilità, che include una misura della deambulazione nella scala di misurazione della disabilità (EDSS, Expanded Disability Status Scale), i dati emersi dallo studio AFFIRM suggeriscono che il CIWS potrebbe rappresentare un endpoint più sensibile per descrivere il miglioramento della deambulazione nei pazienti con SMRR.

Effetti in termini di efficacia osservati con il passaggio a natalizumab

Due ulteriori studi si sono avvalsi di dati ottenuti da registri e confrontati mediante propensity-score per valutare gli effetti del passaggio a natalizumab dopo recidiva in corso di terapia con IFNbeta o GA, rispetto alla prosecuzione dello stesso trattamento o al passaggio a un altro IFNbeta o a GA. I risultati indicano che il passaggio a natalizumab ha ridotto il rischio di future recidive, di progressione della disabilità e di interruzione del trattamento per i pazienti con sclerosi multipla.

Poiché non sono stati condotti studi clinici randomizzati di confronto tra le varie opzioni terapeutiche per i soggetti con attività di malattia, i dati ottenuti da ampie coorti osservazionali e confrontati mediante propensity-score sono utili nei contesti clinici per stimare i rischi relativi associati alle decisioni terapeutiche.

In questi studi, i ricercatori hanno confrontato tra loro i soggetti di tre ampi studi clinici osservazionali: TYSABRI Observational Program (TOP), uno studio prospettico osservazionale in aperto della durata di 10 anni attualmente in corso sui pazienti affetti da SMRR; MSBase, un registro in continuo aggiornamento, longitudinale, aperto ai neurologi di tutto il mondo; MSCOMET, un sottostudio del registro MSBase volto a valutare l’efficacia di IFNbeta e GA in 1.000 pazienti di 14 Paesi.

Nel primo studio, i ricercatori hanno confrontato 759 pazienti con SM che hanno partecipato allo studio MSCOMET a un numero analogo di soggetti coinvolti nello studio TOP. I ricercatori hanno valutato il tempo alla prima recidiva, l’interruzione del trattamento e la progressione della disabilità nel corso di un anno nei soggetti che hanno sperimentato recidive durante il trattamento con IFNbeta o GA nei 12 mesi precedenti l’arruolamento nello studio e che sono passati a natalizumab o che hanno proseguito la terapia di prima linea originaria.

I dati mostrano che -rispetto al proseguimento della terapia con IFNbeta o GA - il passaggio a natalizumab in seguito a recidiva durante il trattamento ha ridotto del 57% il rischio di recidive e del 52% il rischio di interruzione del trattamento. Inoltre, i ricercatori hanno analizzato un sottogruppo più piccolo di pazienti (n= 227 coppie di soggetti) per valutare la progressione della disabilità.

Si è riscontrato che l’incidenza della progressione della disabilità confermata a tre mesi è stata inferiore nei soggetti che sono passati a natalizumab rispetto ai pazienti che hanno proseguito il trattamento con IFNbeta o GA; tuttavia, tale differenza non è stata statisticamente significativa, probabilmente per via delle dimensioni ridotte del campione e dal basso numero di eventi di progressione osservati.

Nel secondo studio, i ricercatori hanno confrontato il tasso annuale di recidive, l’interruzione del trattamento e la progressione della disabilità nel corso di un anno tra due sottogruppi di pazienti che hanno partecipato agli studi MSBase e TOP; il primo sottogruppo ha previsto il confronto tra i pazienti in trattamento con IFNbeta che sono passati al trattamento con GA o che sono passati a natalizumab (n=578 per ogni coorte), mentre il secondo gruppo ha previsto il confronto tra i pazienti in trattamento con GA che sono passati a IFNbeta e i pazienti che sono passati a natalizumab (n=165 per ogni coorte).

I risultati indicano che il passaggio al trattamento con natalizumab rispetto al passaggio da IFNbeta a GA ha ridotto del 63% il rischio di recidive e del 62% il rischio di interruzione della terapia. Inoltre, il passaggio al trattamento con natalizumab rispetto al passaggio da GA a IFNbeta ha ridotto del 53% il rischio di recidive e del 48% il rischio di interruzione della terapia.

I ricercatori hanno inoltre combinato i sottogruppi per valutare la progressione della disabilità confermata a tre mesi; i risultati mostrano che il passaggio a TYSABRI rispetto al passaggio da IFNbeta a GA e viceversa ha ridotto del 32% la progressione della disabilità.

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