Il prof. Giancarlo Comi, ordinario di Neurologia dell’Università ‘Vita-Salute San Raffaele’ e direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSPE) dELL’IRCCS Ospedale San Raffaele spiega i risultati degli studi OPERA I e II su ocrelizumab per il trattamento della sclerosi multipla recidivante remittente, recentemente pubblicati.
Ancora delle importanti novità per i malati di sclerosi multipla: quanto è importante proseguire la ricerca in quest'area per migliorare la qualità della vita e le prospettive dei pazienti?
Questa è una malattia per la quale c’è stata un’evoluzione incredibile sotto il profilo terapeutico, almeno per le forme a ricadute e remissioni di malattia, tuttavia non siamo ancora al pieno controllo della malattia, quindi qualsiasi sviluppo in questa direzione è assolutamente rilevante.
Ci spiega l'effetto di ocrelizumab in persone con sclerosi multipla recidivante remittente?
Uno degli attori fondamentali nel determinare l’aggressione da parte delle cellule bianche del sangue nei confronti del tessuto nervoso e della guaina mielinica è costituita da un attacco portato dai linfociti B di concerto con i linfociti T. Queste due lettere possono dire poco ma sono le principali tipologie di linfociti che abbiamo nel nostro sangue. Un farmaco come ocrelizumab ha una grande peculiarità: è un farmaco che distrugge in modo selettivo una di queste popolazioni, quella dei linfociti B. Questo fa sì che il ruolo dei linfociti B nell’attaccare la mielina viene ad essere compromesso e ne consegue una netta riduzione dell’attività infiammatoria della malattia, il che comporta una marcata riduzione della frequenza degli attacchi e di conseguenza la riduzione dell’accumulo della disabilità e che è uno dei principali degli attacchi ciò si riflette in un miglioramento della qualità della vita dei malati. Dato che i linfociti T non vengono attaccati dal farmaco rimane in gran parte inalterata la risposta contro gli agenti infettive ai tumori riducendo i problemi di sicurezza che hanno abitualmente i farmaci con una potente azione immunosoppressiva.
Quali prospettive aprirebbero per i malati i risultati degli studi OPERA I e II?
Abbiamo ora a disposizione un nuovo strumento che agisce in modo diverso rispetto a quelli che utilizziamo attualmente e che quindi contribuisce a quello che oggi è l’aspetto fondamentale della cura di questa malattia: la terapia personalizzata. L’approccio personalizzato consente cioè di individuare per ogni paziente, in ogni momento della sua storia di malattia, quale sia il trattamento più opportuno. Questo approccio terapeutico ottimizza il rapporto rischio-benefici e consente di conseguire in una proporzione significativa sugli ammalati un completo controllo della malattia.
Seguici sui Social