L’ocrelizumab, prodotto da Roche, in due studi di fase III ha dimostrato di ridurre significativamente le recidive, la progressione della disabilità e il numero di lesioni cerebrali

BARCELLONA (SPAGNA) – Per la sclerosi multipla, ad oggi, non esiste ancora una cura definitiva, ma solo alcune terapie in grado di modificare il decorso della malattia o attenuarne i sintomi. Una delle principali è l’interferone, approvato in Europa fin dal 1997, ma ora un nuovo farmaco – l’ocrelizumab, prodotto dal colosso svizzero Roche – ha dimostrato di essere più efficace dell’interferone. La conferma arriva dal programma di studi di fase III ORCHESTRA: l’annuncio è stato dato in occasione del 31esimo Congresso dell’ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis), che si è svolto dal 7 al 10 ottobre a Barcellona con la presenza di oltre 8.000 partecipanti.

L’ocrelizumab è un anticorpo monoclonale, la forma umanizzata del rituximab che è invece chimerico. È stato progettato per colpire selettivamente le cellule B CD20+, che si ritiene svolgano un ruolo importante nello sviluppo della sclerosi multipla.

Il programma internazionale ORCHESTRA, con i suoi due studi multicentrici di fase III, OPERA I e II, ha confrontato l’efficacia dell’ocrelizumab (600 mg somministrati per infusione endovenosa ogni 6 mesi) con quella dello standard di cura: l’interferone beta-1a (44 mcg somministrati tramite iniezione sottocutanea tre volte a settimana).

I trial – randomizzati, in doppio cieco, double dummy – hanno arruolato complessivamente 1.656 persone dai 18 ai 55 anni con forme recidivanti di sclerosi multipla (ovvero la forma recidivante-remittente e quella secondariamente progressiva con recidive) attraverso 307 siti in 40 paesi: le due forme, insieme, rappresentano l’85% di tutti i malati di sclerosi multipla.

L’ocrelizumab ha raggiunto tutti gli endpoint più importanti: “Rispetto all’interferone ha ridotto significativamente (quasi del 50%) il tasso annualizzato di recidive in un periodo di due anni”, ha spiegato il Prof. Stephen Hauser, Presidente del Comitato Direttivo Scientifico degli studi OPERA e Presidente del Dipartimento di Neurologia della San Francisco School of Medicine, Università della California.

Il Prof. Hauser, nella sua presentazione, ha elencato anche gli altri risultati secondari, ma comunque notevoli: “La progressione della disabilità clinica (misurata con la scala EDSS – Expanded Disability Status Scale) è calata del 40%. L’ocrelizumab, inoltre, ha ridotto di circa l’80% l’insorgenza e l’estensione delle lesioni cerebrali croniche correlate alla sclerosi multipla (lesioni iperintense in T2) e addirittura di oltre il 90% le infiammazioni e il numero di lesioni cerebrali acute (numero totale di lesioni in T1 captanti gadolinio rilevate alla risonanza magnetica) a 24, 48 e 96 settimane”.

La maggiore efficacia non ha avuto ripercussioni sugli eventi avversi, che si sono dimostrati simili fra i due farmaci. I più comuni, associati a ocrelizumab, sono stati le reazioni correlate all’infusione. Anche gli eventi avversi gravi, comprese le infezioni, si sono rivelati paragonabili.

Articoli correlati

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni