Il codice di esenzione della sclerosi multipla è 046 (Malattie croniche).

Il Committee dor Medicinal Products for Human Use ha dato il via libera al trattamento con il farmaco di Merck Serono

Il trattamento dei primi sintomi della Sclerosi Multipla con Rebif®  ha ottenuto l’approvazione del Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP),  comitato scientifico della European Medicines Agency (EMA). Il comitato ha espresso parere positivo relativamente alla richiesta di estensione dell’indicazione di Rebif® (interferone beta-1a), prima utilizzato solo per trattamento delle forme recidivanti di Sclerosi Multipa.

Oggi è questo l’esame più importante per una diagnosi definitiva

Oggi la risonanza magnetica ha un ruolo fondamentale per la diagnosi di sclerosi multipla. Nel tempo gli altri esami, come quello del liquor e i potenziali evocati, pur avendo comunque una utilità, sono divenuti secondari rispetto all’importanza di ‘vedere’ le lesioni attraverso questa esame. Proviamo dunque a capire come questo esame, non invasivo e oggi molto diffuso nelle strutture ospedaliere, possa essere utile alla diagnosi. La risonanza magnetica è una tecnologia che può essere impiegata in diversi modi, attraverso la manipolazione degli impulsi di radiofrequenze e l’utilizzo o meno di determinati mezzi di contrasto. L’esame si basa sul fatto che nei tessuti umani vi è una grande presenza d’acqua, e questo vale anche per il cervello e il midollo spinale sedi delle lesioni della SM - e che questo elemento, sottoposto a determinate radiofrequenze, modifica il modo in cui sono orientanti i suoi atomi di idrogeno. La risonanza magnetica, come fa intuire il nome, è come un grande magnete, una calamita, che agisce sulle particelle d’acqua, cioè rende possibile ‘visualizzarle’ e anche capire dove possono esserci delle alterazioni.

Alla revisione ha lavorato anche la dottoressa Rocca del San Raffaele di Milano

Premettendo che una attenta osservazione clinica e l’ascolto della storia del paziente rimane un punto fondamentale nella diagnosi di sclerosi multipla, oggi per avere una conferma la risonanza magnetica è lo strumento d’elezione. Alla luce di questo diventano particolarmente importanti i criteri in uso per interpretarne i risultati, soprattutto quando è necessario fare una diagnosi differenziale tra il sospetto di sclerosi multipla e quello di un’altra malattia del sistema nervoso centrale che può dare sintomi del tutto simili, come un ictus. A questo fine nel 2001 vennero stilati i criteri di McDonald, dal nome del primo autore.  Da allora un gruppo internazionale di esperti  ha lavorato a delle revisioni. Una fu fatta nel 2005 - la prima revisione di Polman - mentre l’ultima è di pochi mesi fa, la seconda revisione di Polman, e ha il merito di introdurre ulteriori semplificazione senza compromettere l’accuratezza diagnostica. Delle novità che sono emerse  parliamo con la dottoressa Maria Assunta Rocca, della Divisione di Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele.

I dati dello studio BETAPLUS indicano che avere un sostegno è un elemento chiave

Oggi nella lotta alla Sclerosi Multipla uno dei punti dolenti è l’aderenza alle terapia. “Quasi un malato di sclerosi multipla su due, se lasciato solo, abbandona la terapia entro i primi due anni e si espone al rischio di ricadute e disabilità”. A dirlo è il prof Carlo Pozzilli, Ordinario di Neurologia alla Sapienza di Roma e responsabile del Centro Sclerosi Multipla del S. Andrea. Numerosi elementi utili a capire le problematiche connesse alla scarsa aderenza sono stati evidenziati proprio da uno studio – il BETAPLUS – coordinato dal prof. Pozzilli ed effettuato su 1077 pazienti provenienti da 15 paesi, tutte persone affette da SM ed in terapia con Betaferon di Bayer (interferone beta 1b). Lo studio mirava a stabilire quali fossero i fattori determinanti una scarsa aderenza al trattamento preventivo, nonché a fornire indicazioni riguardo i possibili approcci per sostenere il paziente nel lungo termine. Alla fine dei 24 mesi di osservazione, il  61,8 per cento dei 1077 pazienti si era mostrato aderente alla terapia con  Interferone beta-1b. I pazienti che hanno partecipato sono stati periodicamente sottoposti a valutazioni relative a disabilità, qualità della vita e depressione.    

Osservatorio Malattie Rare fa il punto con il Prof. Carlo Pozzilli

La Sclerosi Multipla è una malattia cronica verso la quale c’è sempre molta attenzione; non potrebbe che essere così considerato che colpisce persone nel pieno della loro vita sociale ed affettiva e che dovranno convivere con la malattia per molti anni. La ricerca si sta dando molto da fare sia per comprendere meglio cause e meccanismi, sia per trovare terapie nuove, più efficaci, tollerabili e in grado di intervenire anche sui casi che resistono ai farmaci tradizionali. Su tutti questi aspetti abbiamo voluto fare il punto della situazione con uno tra i maggiori esperti italiani sulla malattia, il Prof. Carlo Pozzilli, Ordinario di Neurologia alla Sapienza di Roma e responsabile del Centro Sclerosi Multipla del S. Andrea.

Alcuni pazienti accusano il sintomo anche tre anni prima di dare un nome alla malattia

E’ possibile che un senso costante di fatica, noto come affaticamento cronico, possa essere un sintomo di esordio della sclerosi multipla (SM), una malattia demielinizzante autoimmune e infiammatoria del sistema nervoso centrale.
La prevalenza di questa malattia è considerata superiore ai 5 casi ogni 10.000, pertanto non la si considera una malattia rara, è piuttosto una malattia cronica che con le malattie rare condivide numerose analogie tra le quali il fatto che non ci sia nessuna cura definitiva e vi sia anche una certa difficoltà nella diagnosi. I sintomi più diffusi sono neuropatie periferiche, problemi motori, disturbi alla vista o di linguaggio e vertigini. Talvolta, tuttavia, tutto comincia con un senso di fatica costante, un affaticamento che diventa cronico e al quale forse non si è ancora data la dovuta attenzione. Proprio sul legame tra affaticante cronico e sviluppo della sclerosi multipla si è concentrata una recente ricerca effettuata da Joseph Berger all’Università del Kentucky, uno studio finanziato da Bayer e presentato all’incontro annuale del “Consortium of Multiple Sclerosis Center”.

È questo il risultato dello studio BENEFIT esteso ad 8 anni

Nonostante per la terapia della Sclerosi Multipla continuino ad essere sviluppati sempre nuovi farmaci a riservare sorprese positive a poter oggi dare dati di lungo periodo è soprattutto uno dei  trattamenti ‘classisi’, l’interferone beta 1b noto anche come Betaferon, farmaco di Bayer. Nei giorni scorsi all’Ecterims di Amsterdam sono stati, infatti, presentati ben due studi di lungo periodo relativi all’uso di questo farmaco: uno di questi è lo studio BENEFIT -  BEtaferon in Newly Emerging multiple sclerosis For Initial Treatment con estensione ad 8 anni. I dati mostrati al convegno di Amsterdam indicano che,  nella maggior parte dei pazienti, l’utilizzo di Betaferon fin dalla fase precoce della malattia ha l’effetto di stabilizzarla, sia in termini di riduzione delle recidive che di progressione della disabilità. Si tratta di parametri misurati secondo i metodi di misura scientifici “relapse rate”, per le recidive, e la scala Expanded Disability Status Scale (EDSS).

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