Si tratterebbe delle immoglobuline, usate per il trattamento dei disordini immunitari e di un antistaminico utilizzato in Russia contro le allergie
Alla Alzheimer Association International Conference 2012 (AAIC 2012) in corso a Vancouver è stata presentata la prima relazione di lunga durata (tre anni), sulla stabilizzazione dei sintomi della malattia di Alzheimer con IVIG (GAMMAGARD, Baxter), un farmaco già sul mercato che tratta i disordini immunitari.
Secondo questo studio dopo tre anni di trattamento con immunoglobuline i pazienti non hanno presentato alcun declino cognitivo, nessun peggioramento di umore o di memoria.
Il Dr. Norman Relkin del Weill Cornell Medical College, a capo dello studio, ha dichiarato che i risultati sono stati "notevoli, perché i pazienti con malattia di Alzheimer in genere peggiorano entro 12 mesi. Se abbiamo un paziente che arriva a 18 mesi senza peggiorare cominciamo a dubitare che abbia il morbo di Alzheimer"
Sono però subito piovute le critiche di alcuni esperti non coinvolti nello studio, i quali sostengono che è prematuro concludere che il farmaco sia responsabile della stabilizzazione.
La Dott.ssa S. Rachelle Doody, direttrice del Alzheimer's Disease and Memory Disorders Center del Baylor College of Medicine sostiene, infatti, che "Ci sono alcuni pazienti che a tre anni non presentano un peggioramento anche senza l’utilizzo di farmaci sperimentali".
Il farmaco GAMMAGARD consiste in una particolare formulazione di immunoglobuline per via endovenosa, o IVIG. Le immunoglobuline ,molecole glicoproteiche prodotte da linfociti B attivati durante la risposta immunitaria, derivano dal plasma donato da persone sane. Sono pricipalmente utilizzate per il trattamento di rare malattie del sistema immunitario.
Il trattamento standard consiste nell’infusione per via endovenosa ogni due settimane circa. Non è chiaro perché il farmaco avrebbe funzionato contro l'Alzheimer. Alcune ipotesi suggeriscono che gli anticorpi blocchino la beta amiloide, la proteina che si ritiene possa essere una causa dell’ Alzheimer, altre indicano un generale effetto anti-infiammatorio.
Le critiche più forti riguardano il limitato numero di soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione. Inizialmente i partecipanti erano 24 e solo 16 pazienti hanno completato il trattamento previsto di tre anni. Di questi 16 nella fase iniziale cinque hanno ricevuto il placebo.
Se i risultati siano o meno un colpo di fortuna si saprà solo entro la prima metà del prossimo anno, quando saranno resi noti i risultati di uno studio di fare 3. Fin da ora però viene lanciato un allarme: non c'è alcun modo di raccogliere abbastanza plasma per il trattamento di tutti i malati".
Molto diverso è invece il caso del farmaco dimebon, un tempo usato in Russia come antistaminico.
Pare infatti che il farmaco, sperimentato per ora su 183 pazienti, abbia portato un miglioramento significativo ai pazienti con una forma di Alzheimer lieve o moderata. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista medica The Lancet i pazienti hanno dimostrato un miglioramento cognitivo e comportamentale. Il team di ricerca, guidato dalla Dott.sa Rachelle Doody del Baylor College of Medicine di Houston, ha ora in programma una sperimentazione con un numero di pazienti più elevato.
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