Presentati i trial sull’uso di EVP-6124 ed epithilone D

Alla riunione annuale dell'Associazione Alzheimer a Vancouver, si succedono, come era prevedibile, gli annunci sugli sviluppi della ricerca.
Finanziato dalla EnVivo Pharmaceuticals, che sta sviluppando il farmaco denominato EVP-6124, uno studio attesta che il farmaco ha contribuito a migliorare memoria, linguaggio, attenzione e altre abilità mentali nelle persone con malattia precoce di Alzheimer. Lo studio ha coinvolto 409 pazienti con malattia di Alzheimer lieve o moderata che sono stati o in trattamento con i farmaci donepezil (Aricept) o rivastigmina (Exelon) o non sono stati sottoposti ad alcun trattamento.

Durante i sei mesi, la fase 2 del trial, i pazienti hanno assunto un placebo o una delle tre diverse dosi di EVP-6124. Dopo 23 settimane di trattamento, i pazienti nel gruppo ad alto dosaggio hanno mostrato benefici statisticamente significativi nei test delle funzioni mentali rispetto a quelli che assumevano il placebo. Alcuni pazienti nei gruppi a medio e ad alto dosaggio hanno avuto da lievi a moderati effetti collaterali gastrointestinali.

L’ EVP-6124 appartiene a una famiglia di farmaci che amplificano gli effetti dell’acetilcolina, una sostanza chimica cerebrale che è essenziale per il cervello e per le funzioni di memoria e che si presenta in quantità ridotte nelle persone con malattia di Alzheimer
In definitiva il farmaco interviene sicuramente sui sintomi ma non cura la malattia, anche se lascia ben sperare.

Una seconda ricerca presentata alla Conferenza di Vancouver si riferisce invece alle proteine tau, sperimentate per ora su modello animale.
Secondo “Pen medicine” (University of Pennsylvania School of Medicine) un trattamento anti-tau chiamato epithilone D (EpoD) è efficace nel prevenire ed arrestare il progresso della malattia di Alzheimer in modelli animali, migliorando la funzionalità dei neuroni e la cognizione.

Il farmaco avrebbe la funzione di stabilizzare i microtubuli, che consentono il trasporto di sostanze nutritive essenziali e delle informazioni tra le cellule.
John Trojanowski, MD, PhD, professore di Patologia e Medicina di Laboratorio presso la Scuola Perelman di Medicina presso l'Università di Pennsylvania, ha dichiarato che "Oltre ai farmaci mirati all’amiloide, che non possono funzionare in una fase avanzata della malattia di Alzheimer, la nostra speranza è che questo e altri farmaci anti-tau possano essere testati nelle persone con malattia di Alzheimer per determinare se stabilizzare i microtubuli danneggiati dal cattivo funzionamento delle proteine tau può migliorare la situazione clinica e gli esiti patologici ".

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