Anche attraverso il pubblico si può usare il sangue cordonale per il bambino o la sua famiglia, ma solo in casi in cui questi uso sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato.

Poca informazione scientifica e anche scarsa conoscenza di quello che realmente prevede la legge italiana in materia di donazione del sangue cordonale ombelicale e delle sue preziose staminali ematopoietiche, su questi due presupposti si regge in gran parte il business delle banche private che ne propongono la conservazione autologa e a pagamento. Partiamo da quello che dice la legge italiana. Questa promuove la raccolta e conservazione del sangue cordonale dei neonati sani nella propria rete di banche pubbliche e vieta che sul territorio operino banche private. La rete di banche pubbliche operanti in Italia raccoglie e conserva a lungo termine, secondo parametri di qualità scientificamente determinati, unità di SCO da neonati sani che sono messi a disposizione di qualunque malato ne abbia bisogno, per trapianti allogenici non familiari, solidali. Il sangue cordonale raccolto e conservato in Italia serve dunque per tutti e confluisce in un database mondiale di banche che permettono a malati di tutto il mondo di accedere alle preziose staminali. Non bisogna però credere che la legge italiana sia miope di fronte a quei casi, pochi e selezionati in base a rigidi criteri scientifici, in cui l’uso del sangue cordonale possa effettivamente essere utile per il neonato stesso o per qualcuno della stessa famiglia. Esistono infatti tutta una serie di casi in cui la legge stessa prevede la possibilità di un uso del sangue cordonale diverso dal bancaggio ‘per tutti’.  E’ previsto dunque che sia possibile  la raccolta e la conservazione a breve termine, o l’uso immediato, del sangue cordonale di un neonato con una patologia in atto per la quale sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato il trapianto autologo del SCO: è la ‘raccolta ad uso dedicato’.

La legislazione italiana prevede, inoltre, la raccolta e la conservazione a breve termine, o l’uso immediato, del SCO di un neonato sano dedicato ad un familiare con patologia in atto al momento della raccolta, per la quale sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato il trapianto allogenico del SCO. Si parla in questo caso di raccolta dedicata ad un familiare (ad esempio un fratello o una sorella).
Oltre a questi casi di utilizzo pressoché immediato di sangue cordonale nell’ambito familiare esistono anche altre ‘eccezioni’ previste e che guardano più lontano permettendo anche una conservazione a lungo termine del SCO di un neonato sano. Sono i casi in cui nella famiglia ci sia un alto rischio di mettere al mondo figli affetti da malattie genetiche, per le quali sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato il trapianto allogenico del SCO.
Tutte queste attività di donazione, raccolta, conservazione e uso terapeutico rientrano in Italia nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e sono completamente gratuite.

Quello che le leggi Italiane non consentono invece è la raccolta e la conservazione nelle banche pubbliche italiane di unità di sangue cordonale che venga destinato a fini differenti da quello solidale o dai casi sopra descritti.
“In particolare  - spiega Licinio Contu, presidente della Federazione Adoces - non è consentita la raccolta e la conservazione a scopo preventivo di unità di SCO di neonati sani per ipotetici futuri trapianti autologhi. Per questa tipologia di raccolta e conservazione del SCO è consentita l’esportazione in banche private estere, dietro autorizzazione delle autorità competenti della Regione in cui avviene il parto. In questo caso sono a carico dei genitori tutte le spese. Visto che tutte le tipologie di raccolta e conservazione del SCO che sono versamente utili per i malati affetti da patologie in cui è indicato ed appropriato il trapianto di staminali ematopoietiche – in atto o con alto rischio nel futuro - sono previste ed attuate gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, è evidente come  non ci siano motivi per i genitori di ricorrere alle banche private a pagamento per tali tipologie di raccolta e conservazione del SCO. Quindi la sola tipologia di raccolta e conservazione del SCO non ammessa nel Servizio pubblico nazionale, ma consentita tramite banche private estere e relative agenzie di intermediazione italiane, a pagamento, è quella che secondo il SSN, la scienza e i dati clinici obiettivi è inutile. Pertanto l’attività delle banche private estere in Italia è ingiustificata”.

Naturalmente le banche private estere non sono d’accordo su questa inutilità e oppongo tutta una serie di considerazioni, alcune, secondo il Documento elaborato da ADOCES, sono basate su informazioni false e devianti, come ad esempio la presunta capacità di queste strutture di conservare le cellule staminali emopoietiche del SCO per più di 15 anni e di poterle usare anche dopo 30 anni,  la possibilità di utilizzare il sangue cordonale del bambino in tutte le patologie in cui è indicato il trapianto allogenico di CSE, comprese quelle genetiche, per curare patologie non ematologiche, di varia natura come patologie cardiovascolari (Infarto del miocardio, Ictus cerebrale), metaboliche (Diabete mellito di tipo 1), e patologie degenerative del Sistema Nervoso Centrale (M. Parkinson, M.Alzheimer, Sclerosi Laterale Amiotrofica, etc).

Ci sono però anche delle argomentazioni serie che vengono utilizzate dai sostenitori della conservazione privata, che sono le seguenti:
1) Il diritto delle mamme di decidere liberamente la destinazione del SCO dei figli;
2) Il rischio, ancorché limitato, che un paziente candidato al trapianto di CSE non trovi né tra i familiari, né tra i donatori volontari dei registri, né tra le unità delle banche pubbliche di SCO, nazionali ed internazionali, una donazione HLA identica e compatibile;
3) L’impossibilità per il Servizio Sanitario Pubblico di raccogliere e conservare tutte le unità di SCO che le mamme potrebbero voler donare, e che vengono invece in gran parte perdute.
“Queste argomentazioni – conclude Contu - di per sé meritevoli di riflessione, non hanno alcuna rilevanza quando vengono usate per sostenere la validità della raccolta privata del SCO per futuri trapianti autologhi. Infatti, come risulta ben chiaro sia dall’incidenza delle patologie con indicazione al trapianto di CSE nei bambini fino a 15 anni di vita, sia dai dati reali anche più recenti, sul numero e sulla proporzione di trapianti autologhi effettuati nel mondo con le unità di SCO conservate nelle banche private, la probabilità che un bambino utilizzi per trapianto il proprio SCO conservato privatamente, nei primi 15 anni di vita, è talmente remota da essere praticamente virtuale o inutile”.

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