L’allarme è scattato ieri pomeriggio e certamente avrà messo in agitazione centinaia di malati di angiodisplasia. Il reparto 'Belov' dell'Ospedale Salvini di Garbagnate Milanese, fiore all’occhiello del nostro paese per la cura di questa malattia cardiovascolare congenita, segnalato come eccellenza anche negli Stati Uniti, rischia di chiudere. Non chissà quando, ma a breve: il prossimo 17 maggio. A dare la preoccupante notizia è stata l'Associazione Italiana Angiodisplasie. Ma il responsabile della comunicazione dell’ospedale smentisce categoricamente “Non c’è alcuna chiusura in vista”.

Effettivamente suona un po’ strana che possa chiudere un centro di eccellenza unico in Italia, dove hanno operato nel tempo specialisti esperti mondiali come Wayne Yakes (Stati Uniti), Dirk Loose (Germania), Geza Tasnadi (Ungheria), B B Lee (Stati Uniti) e che solo lo scorso anno ha dato cure a circa 200 malati.
Diverso il parere di Vera Puoti, referente dell’associazione. “L'ospedale – dice - parla di accorpamento, ma in realtà è una chiusura. I medici e i pazienti saranno costretti in locali non adatti, con solo 15 posti letto, assolutamente non sufficienti per coprire le richieste che vengono da tutta Italia e anche dall'estero. In questi giorni c'è già una gara da parte dei pazienti per farsi operare prima che la situazione precipiti”.
Fanno eco le dichiarazioni del primario di chirurgia vascolare Raoul Mattassi: “Gli spazi sono assolutamente insufficienti per cui ci troveremo in grande difficoltà. A questo va aggiunto che prevedo una fuga dei nostri infermieri che non sono disposti a lavorare in condizioni così difficili”. Il problema, insomma, non sembra essere quello della chiusura, se mai quello di una carenza di spazi e di infermieri, una difficoltà che accomuna il Salvini a di tanti altri ospedali italiani.
C’è però un altro problema che i i malati di angiodisplasia devono affrontare, ed è il fatto che la loro malattia non sia stata ancora riconosciuta tra le patologie rare esenti, rimanendo così nel limbo delle malattie effettivamente rare per il numero di casi ma prive di uno status che aiuti ad accendere su di esse i riflettori e l’interesse della ricerca. “Siamo da tempo in attesa del decreto che dovrebbero aggiungere altre patologie rare, tra cui le angiodisplasie, alle oltre 600 già riconosciute – spiegano dall’Ospedale – Il decreto è attualmente in commissione e da poco i nostri specialisti sono stati anche chiamati in audizione parlamentare per spiegare quelle che sono le caratteristiche della malattie e le difficoltà a cui i pazienti vanno incontro. E’ stato risposto chiaramente che le angiodisplasie non possono non essere riconosciute. Dunque non resta che attendere questo decreto, ma quali saranno in tempi non è dato saperlo”. In realtà attualmente solo una specifica tipologia di angiodisplasia, che va sotto il nome di sindrome di Klippel Trenaunay è attualmente riconosciuta nell’elenco delle malattie rare.

Le Angiodisplasie
Le Angiodisplasie, di cui spesso si parla con il termine generico di angioma sono patologie dovute a malformazioni vascolari congenite che provocano frequenti emorragie, con conseguente anemia, manifestazioni dolorose, tumefazioni simil-tumorali, handicap poiché, problematiche funzionali (specialmente quando si localizzano agli arti ed ai visceri), handicap estetico (nelle localizzazioni al volto), disturbi della coagulazione e asimmetria di crescita degli arti. Possono andare incontro, durante la vita, a complicanze anche gravi e talvolta invalidanti: emorragie, trombosi, infezioni locali, fragilità ossea, crescita smisurata di un arto; possono comprimere strutture nervose, infiltrare muscoli, causare ristagno di liquidi per insufficienza venosa (edema) o linfatica (linfedema).
Per la malattia non esiste al momento una  terapia farmacologica, i pazienti devono subire operazioni ripetute di chirurgia vascolare, spesso molti interventi nel corso degli anni, poiché le malformazioni non solo non vanno incontro a una regressione spontanea ma crescono con l’individuo.

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