Uno studio al quale ha partecipato il prof Locatelli del Bambino Gesù di Roma mostra come l’esito sia positivo, soprattutto se a donare è un fratello.
La conservazione autologa? Locatelli: "Soldi spesi male, un modo di sottrarre preziose fonti di staminali a chi ne ha bisogno"
Ci sono persone affetta da malattie ematologiche rare, come Anemia di Fanconi, anemia Diamond-Blackfan, Trombocitopenia amegacariocitica congenita, sindrome di Shwachman-Diamond e molte altre a cui solo con un trapianto allogenico di cellule staminali, cioè da un donatore, riesce a garantire la sopravvivenza dei pazienti o un sensibile miglioramento della vita. Il tipo di trapianto più utilizzato attualmente per queste malattie è quello di midollo osseo ma studi sempre più approfonditi, come quello recentemente pubblicato su Haematologica, indicano che una nuova opzione terapeutica può provenire dal trapianto di staminali cordonali, cioè quelle che vengono ricavate dal sangue contenuto nel cordone ombelicale. Allo studio ha lavorato anche il prof. Franco Locatelli, Professore di Pediatria all’Università di Pavia e Direttore del Dipartimento di Emato-Oncologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, un centro di eccellenza per quello che riguarda i trapianti di staminali ematopoietiche.
“Ci sono patologie rare – spiega il prof. Locatelli - che sono o straordinariamente pericolose per la sopravvivenza del paziente (un esempio su tutti è quello della Trombocitopenia amegacariocitica congenita) o hanno comunque con un impatto molto forte sulla qualità della vita. Le persone affette dall’Anemia di Diamond-Blackfan, ad esempio, devono sottoporsi a trasfusioni periodiche per tutta la vita e a terapie ferrochelanti, che servono per contrastare gli accumuli di ferro legati alle trasfusioni. In questo studio abbiamo dimostrato che queste persone, oltre a poter essere trapiantate con il midollo osseo, possono beneficiare anche di un trapianto di staminali del cordone ombelicale.Quando queste provengono da un fratello o una sorella i risultati sono straordinari: oltre il 90 per cento di riuscita. Nello studio, inoltre, abbiamo evidenziato che i trapianti di cellule cordonali da un non donatore consanguineo, quindi prendendo le staminali cordonali da una banca di donatori, possono comunque avere degli ottimi risultati ma solo se si infondono tante cellule e se si trova una buona compatibilità immunogenetica (cioè relativa al sistema maggiore di istocompatibilità, sistema HLA) tra donatore e ricevente. Quindi in questi casi bisogna essere molto oculati nella strategia di ricerca del donatore”. Nello specifico lo studio a cui ha contribuito il prof. Locatelli è di tipo retrospettivo e si basa su dati riferiti al Registro Eurocord relativi a pazienti con sindromi ereditarie da insufficienza del midollo osseo che erano stati sottoposti a trapianto di sangue del cordone ombelicale.
Per l’esattezza i pazienti erano affetti in 21 casi da anemia Diamond-Blackfan, in 16 casi da Trombocitopenia amegacariocitica congenita, in 8 casi da discheratosi congenita, in due dalla sindrome di Shwachman-Diamond, in altri 16 da neutropenia congenita grave ed un con una sindrome non classificata. I ricercatori hanno verificato che nei pazienti che avevano ricevuto un trapianto da fratello/sorella il tasso di sopravvivenza a 3 anni era del 95 per cento, un risultato che si può definire ottimo e che è anche migliore di quelli che sono stati riportati con il trapianto di midollo. Invece nel gruppo di pazienti hanno ricevuto trapianti da donatori non correlati, il tasso di sopravvivenza a 3 anni è stato del 61 per cento. Tuttavia questo era più alto in coloro che avevano meno di 5 anni e in coloro che avevano ricevuto una maggiore quantità di cellule.
Questi risultati dimostrano che il trapianto di staminali cordonali può essere un’alternativa validissima al trapianto di midollo. Una scelta che si rivela ottima soprattutto nei casi in cui è disponibile il sangue cordonale di un fratellino o di una sorellina, ma anche, con particolari accortezze, quando si debba ricorrere a cellule di un estraneo conservate nella banche del cordone.
"Questi dati – dice infatti Locatelli – sono di grane rilievo sia per la comunità scientifica che per le famiglie che abbiano un figlio affetto da una di queste malattie; vuol dire che in caso di un’altra gravidanza è sempre indicato raccogliere il sangue del cordone ombelicale del fratellino o della sorellina per poter accedere a un trapianto che promette ottimi risultati. La probabilità che 2 fratelli o sorelle siano fra loro compatibili è del 25%”. Ciò vuol dure che il cordone ombelicale del nuovo nato verrà conservato e usato per il fratello. Si chiama ‘donazione per uso dedicato’, è prevista dalla legge italiana e non va assolutamente confusa con la conservazione autologa, cioè ad uso della persona stessa, che è invece vietata.
“Questo tipo di donazione – spiega Locatelli – è consentita in casi ben delimitati, e cioè quando vi sia in famiglia una patologia tale da far ritenere che quello specifico sangue cordonale possa essere una valida terapia”. La donazione dedicata può essere fatta nelle banche pubbliche del cordone ed è assolutamente gratuita. “Per questo tipo di donazione – dice Locatelli - ci sono delle indicazioni assolutamente precise del Ministero della Salute recepite anche a livello di assessorati regionali. Come banche pubbliche di conservazione del cordone in Italia abbiamo centri di assoluta eccellenza. Qui nel Lazio ci sono quella del Gemelli e del Policlinico Umberto I che lavorano molto bene, in Lombardia c’è la banca del cordone di Milano presso l’Ospedale Maggiore che fu la prima ad essere istituita su iniziativa del professor Sirchia ed è ancora quella dotata del maggior numero di unità e anche a Pavia lavorano straordinariamente bene”.
“Quello che deve passare – aggiunge Locatelli - è un messaggio a favore della donazione pubblica del cordone e non messaggi fuorvianti di donazione e conservazione autologa che non serve a nulla ma a cui ancora molti ricorrono”.
In Italia, infatti, è possibile per le donne accedere alla conservazione autologa del cordone appoggiandosi a banche che hanno sede all’estero. A renderlo possibile è stato un accordo Stato Regioni del 29 aprile 2010 che consente alle Regioni di individuare strutture autorizzate a rendere possibile la conservazione autologa presso banche estere. Queste non possono dunque avere sede nel territorio italiano ma posso essere autorizzate ad operare in Italia tramite una rete di trasporto del cordone dall’Italia a banche estere, spesso appena oltralpe. Si tratta di una proceduta che ha costi di un certo rilievo ma che potrebbe non avere alcuna utilità per il proprio figlio sottraendo invece una possibilità di cura e forse anche di vita ad un altro bambino. “Sono soldi spesi male – afferma Locatelli - è solo un modo di sottrarre preziose fonti di cellule staminali a chi ne ha bisogno. Con la conservazione autologa ci sono altissime probabilità che il cordone rimanga lì congelato senza servire a nulla, né al bambino, perché non né avrà bisogno o comunque non ne avrà utilità di impiego, né a chi, invece, effettivamente ne avrebbe tratto giovamento; questa scelta è di utilità solo per chi per questa conservazione viene pagato”.
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