La scoperta sarà utile all'elaborazione di una terapia specifica

La leucemia mieloide acuta (LMA) sarebbe originata da "cloni fondatori" di cellule  già presenti nelle sindromi mielodisplastiche (SMD).  Si tratta della scoperta fatta da un team americano e pubblicata sul New Englan Journal of Medicine.  La scoperta ricopre una grande importanza potenziale perché potrebbe dare luogo a una terapia specificamente diretta contro le mutazioni nei cloni originali.

Secondo l'analisi effettuata dal team di ricerca sui campioni di midollo osseo di pazienti con LMA precedentemente affetti da SMD, nel 85 per cento dei casi è stata evidenziata una clonalità tra le cellule SMD e quelle della LMA.
La progressione verso la LMA è caratterizzata, secondo lo studio riportato da Pharmastar, dalla persistenza di un clone fondatore contenete da 182 a 660 mutazioni somatiche e dalla proliferazione di un subclone contenente nuove mutazioni.
I risultati suggeriscono che l'evoluzione della LMA sia un processo dinamico plasmato da cicli multipli di acquisizione di mutazioni e di selezione clonale, e che sia nei cloni fondatori sia nei subcloni figli si trovano mutazioni genetiche ricorrenti.

Gli studi sulle SMD e sulla LMA hanno dimostrato che vi è una sovrapposizione tra le due condizioni per quanto riguarda le lesioni citogenetiche e molecolari ad esse associate. Tuttavia, il fatto che la maggior parte dei casi di SMD non evolva in LMA ha creato confusione sul considerare la SMD come una forma di cancro.
Nonostante gli sforzi della ricerca, si sa ancora poco sui cambiamenti genetici che stanno alla base della progressione delle SMD a LMA. Per saperne di più, gli autori dello studio (guidati da Timothy Graubert, della Washington University di St. Louis) hanno sequenziato per intero il genoma di campioni di midollo osseo prelevato da sette pazienti con LMA e confrontato i risultati con quelli dei campioni ottenuti dagli stessi pazienti prima della progressione dalla SMD alla LMA.
Hanno visto così che in entrambi i campioni di ogni coppia era presente un clone fondatore di cellule, definito come cluster di mutazione (contenente da 182 a 660 mutazioni somatiche) con il carico maggiore di alleli mutanti.

Anche se, scrivono gli autori, questi risultati confermano precedenti osservazioni secondo le quali il conteggio dei mieloblasti può far sottostimare la dimensione della popolazione clonale nella SMD, i dati suggeriscono anche che quando si cercano le mutazioni nell'intero genoma, l’emopoiesi clonale che coinvolge la maggior parte del midollo osseo sembra essere la regola, anche nella prima fase della SMD.
Le mutazioni che portano a una proliferazione clonale in ogni fase della progressione da SMS a LMA non sono note. Tuttavia, scrivono i ricercatori, il clone fondatore nei sette campioni di midollo con SMD era ancora presente nei sette campioni di midollo con LMA.
Queste scoperte sembrano suggerire che le terapie aventi come bersaglio le mutazioni che si verificano tardivamente già nella fase di LMA probabilmente non avranno alcun effetto sulle mutazioni che insorgono precocemente nei cloni fondatori.

“Probabilmente non è sufficiente sapere che nelle cellule tumorali è presente una particolare mutazione" ha detto Graubert. "Probabilmente c’è bisogno di scavare più a fondo per scoprire se una mutazione si trova nel clone fondatore che ha originato il tumore o in un clone evolutosi più tardi". E ha aggiunto che per essere efficaci, i farmaci antitumorali mirati probabilmente devono colpire le mutazioni alla base di questa malattia.

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