Non solo la soppressione immunitaria quale causa di sviluppo ma “anche l’esistenza, dimostrata, della proteina p17 che dopo essersi accumulata nei tessuti linfoidi, è in grado di promuovere la proliferazione dei linfociti”. I dati relativi alla scoperta sono stati ottenuti da ricercatori di diverse istituzioni italiane e straniere, coordinati da Riccardo Dolcetti dell’Istituto Nazionale Tumori CRO di Aviano e da Arnaldo Caruso dell’Università degli Studi di Brescia, e pubblicati dalla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

I linfomi rappresentano più della metà dei casi di tumore che colpiscono i pazienti con infezione da HIV. Nonostante le nuove terapie che controllano il virus HIV abbiano ridotto l’incidenza di alcuni tipi di linfomi, per cause ancora oscure questi tumori continuano a costituire un’importante causa di morbilità e mortalità nei pazienti HIV-sieropositivi.

"Siamo riusciti a dimostrare che il virus produce una proteina chiamata p17 che si accumula nei tessuti linfoidi e che è in grado di promuovere la proliferazione dei linfociti, le cellule da cui derivano i linfomi” – afferma Dolcetti. “In particolare, – prosegue Caruso – nei pazienti con linfoma sembra si selezionino varianti della proteina p17 dotate di particolari proprietà che le rendono capaci di indurre una più intensa stimolazione dei linfociti contribuendo pertanto allo sviluppo di questi tumori”.

Mediante eleganti esperimenti di ingegneria genetica i ricercatori sono riusciti ad identificare una prima “firma” molecolare che contraddistingue le varianti della proteina p17 dotate di una più spiccata azione di stimolo proliferativo. “Questi risultati – conclude Dolcetti - consentono di rivedere la visione corrente sui meccanismi che portano allo sviluppo dei linfomi in pazienti HIV+ aprendo un nuovo scenario nel quale è lo stesso virus HIV a contribuire direttamente alla formazione di questi tumori agendo come fattore patogenetico locale presente nei tessuti linfoidi. Lo studio apre inoltre importanti prospettive di applicazione in campo diagnostico e terapeutico”.

Infatti, la conoscenza delle “firme” molecolari che caratterizzano le varianti di p17 più attive nello stimolare i linfociti potrà consentire di selezionare pazienti HIV+ ad elevato rischio di sviluppare un linfoma e che pertanto necessitano di essere monitorati più attentamente nel tempo.
I risultati ottenibili da questo nuovo filone di ricerca potranno consentire di sviluppare anche nuovi farmaci in grado di controllare in modo più efficace questi tumori che continuano a colpire frequentemente i pazienti con infezione da HIV.

“Un vaccino terapeutico contro l'AIDS per neutralizzare gli effetti tossici della proteina p17 – ha aggiunto Caruso - ha già superato la fase I di sperimentazione sull'uomo. Tale vaccino si pone pertanto come possibile elemento preventivo per la comparsa di linfomi nel paziente infetto da HIV. Infatti il vaccino terapeutico AT20 genera anticorpi capaci di neutralizzare l'attività pro-tumorale di p17 e delle sue varianti ad oggi note”.

Lo studio è stato condotto con la collaborazione del gruppo diretto da Maria Capobianchi dell’IRCCS L. Spallanzani di Roma e dell’Institute of Human Virology di Baltimora, diretto da Robert Gallo. Il lavoro svolto ad Aviano è stato supportato da un finanziamento specifico assegnato dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

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