Comorbilità, capacità mentale e capacità fisica nei soggetti anziani possono pregiudicare l’efficacia delle terapie. La discussione è aperta tra gli specialisti.

TORINO - Un ottantenne in ottime condizioni fisiche può reagire meglio alle terapie antitumorali per il mieloma multiplo, tollerandone gli effetti collaterali, rispetto a un soggetto più giovane che presenta comorbilità tra cui diabete, cardiopatie o insufficienza renale. A confermarlo una metanalisi, appena pubblicata su Haematologica, condotta dall’Unità Mieloma del Dipartimento di Ematologia dell’Università di Torino che ha valutato e confrontato i risultati di quattro studi randomizzati su un totale di 1435 individui colpiti da mieloma multiplo. “Nel paziente anziano sottoposto a terapia oncologica si riscontra almeno il 30% di tossicità acuta legata ai farmaci impiegati. L’esistenza di altre patologie concomitanti può quindi influire sulla sopravvivenza del paziente – spiega Antonio Palumbo, Direttore del dipartimento piemontese – Ma in presenza di comorbilità, ad esempio, cardiache o renali si osserva un’aspettativa di vita minore anche nei pazienti con età inferiore ai 75 anni”.

 

La scelta del percorso terapeutico per il mieloma multiplo è, oggi, basata su fasce di età: i pazienti cosiddetti ‘giovani’, ovvero con meno di 65 anni, sono candidabili al trapianto autologo di midollo osseo, i pazienti intermedi con età tra i 65 e i 75 anni che sono sottoposti agli schemi terapeutici approvati (VMP, melfalan, prednisonee bortezomib oppure MPT, melfalan, prednisone, talidomide). Per chi si ammala dopo i 75 anni, invece, la discussione è aperta tra gli specialisti. A pregiudicare l’efficacia di un trattamento non è solo la concomitante presenza di altre patologie, spesso correlate all’età avanzata, ma anche la cosiddetta compliance, ovvero la possibilità di seguire le terapie e le visite di controllo in maniera rigorosa. Ad influenzare quest’ultima le capacità fisiche e mentali del paziente anziano. “Si calcola che il 25% dei pazienti non segue una terapia appropriata proprio perché se ne dimentica oppure sbaglia il dosaggio dei farmaci da assumere. E’ importante quindi valutare anche le capacità cognitive, attraverso questionari che riescano a quantificare se il paziente è autosufficiente e può affrontare uno specifico piano terapeutico e se ha la possibilità di essere assistito dai famigliari”, prosegue Palumbo che con il suo team di ricerca ha pubblicato su Blood uno studio centrato sulla gestione del paziente anziano. Una valutazione a più ampio raggio del paziente, quindi, consente di determinare da quale piano terapeutico il paziente otterrà i maggiori benefici. “Considerando questi tre aspetti, ovvero comorbilità, capacità mentale e capacità fisica, possiamo essere più precisi – conclude – Un soggetto di 80 anni in ottime condizioni generali ha un aspettativa di vita di almeno 7 anni. Considerando che il 40% di chi si ammala di mieloma multiplo ha un’età superiore ai 75 anni e che una più alta incidenza della malattia è associata a un generale invecchiamento della popolazione, è fondamentale considerare anche queste caratteristiche.”

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