Le sindromi mielodisplastiche (SMD) sono un gruppo di malattie del sangue caratterizzate da un difetto nel midollo osseo, che non riesce più a produrre in numero sufficiente alcune linee cellulari del sangue come globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Le SMD sono anche chiamate malattie preleucemiche perchè possono evolvere, con il tempo, in leucemia in forma acuta. La causa alla base di questo gruppo di malattie è ancora sconosciuta e si pensa sia associata a difetti genetici, ereditari o acquisiti.
Il codice di esenzione delle sindromi mielodisplastiche è RDG050.

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Prof. Pane (SIE): “Si tratta chiaramente di un problema di risorse”

I tumori rari vengono definiti così in quanto colpiscono un numero molto ristretto di persone, ma si tratta di una famiglia estremamente eterogenea di patologie, per un totale di almeno 250 diverse neoplasie.

Tra i tumori rari più noti troviamo i tumori ematologici, quelli che colpiscono le cellule del sangue e del midollo osseo. Le sindromi mielodisplastiche (SMD) ad esempio sono il gruppo di neoplasie più diffuse tra i pazienti anziani.

Dalla Columbia University l’ipotesi di un meccanismo a catena, osservato sui topi, che potrebbe dare il via a un nuovo approccio terapeutico per le sindromi mielodisplastiche

E’ da un difetto delle cellule staminali nel midollo osseo che sono causate la leucemia acuta, uno dei tumori del sangue più diffusi, e le sindromi mielodisplastiche, un gruppo di rare patologie ematiche preleucemiche. Un nuovo studio appena pubblicato su Nature sembra però far vacillare quanto sappiamo sulla patogenesi dei tumori ematologici: una mutazione individuata negli osteoblasti, ovvero le cellule dell’osso, innescherebbe una reazione a catena in grado di interferire con la normale attività delle cellule dell’adiacente midollo osseo. L’esito finale sarebbe, quindi, una proliferazione anomala delle cellule ematopoietiche che porterebbe alla neoplasia.

Oggi la procedura è meno rischiosa. Per rispondere, mancano però le evidenze scientifiche

Seppure nuovi farmaci, come l’azacitidina, stiano dando risultati promettenti per i pazienti con sindromi mielodisplastiche ad alto rischio, ad oggi il trapianto di midollo osseo resta la terapia più efficace, quando possibile. Non tutti i pazienti colpiti da queste patologie sono infatti candidabili al trapianto.
Il trapianto allogenico, da donatore sano, è una procedura non priva di rischi e di tossicità, pertanto viene proposto in genere a pazienti con forme ematologiche meno gravi e entro un limite di età (non superiore a 65 anni). Recentemente il trapianto di midollo osseo ha visto ridurre il rischio di tossicità grazie all’introduzione dei regimi a condizionamento ridotto (RIC). Sulle pagine di "Expert Review of Hematology", Amer M. Zeidan e Steven D. Gore, del dipartimento di oncologia della Johns Hopkins University, sollevano una questione importante: se la procedura è più sicura, allora perché non vengono rivisti gli standard che ne regolano l’eleggibilità?

Secondo i dati presentati al congresso dell’American Heamtology Society, i pazienti non ne hanno avuto bisogno per  almeno 26 settimane

BOUNDRY, Svizzera - Celgene International ha annunciato al congresso annuale dell’American Society of Hematology di New Orleans i risultati di un’analisi retrospettiva condotta su pazienti con sindromi mielodisplastiche associate a 5q (con rischio basso o intermedio 1 secondo il punteggio IPSS, il sistema internazionale di valutazione prognostica) trattati con lenalidomide (Revlimid®).

Celgene ha presentato i primi dati della sperimentazione al congresso dell’American Society of Hematology

BOUDRY, Svizzera – Celgene International Srl, una filiale interamente controllata da Celgene Corporation, ha annunciato che i risultati di un’analisi realizzata ad hoc su un sottogruppo di pazienti con sindromi mielodisplastiche ad alto rischio, partecipanti a due studi di fase I e II sull’agente epigenetico CC-486 (azaticidina orale) attualmente in corso, sono stati presentati al congresso annuale della American Society of Hematology di New Orleans, Louisiana.

Individuati alcuni difetti genetici che sembrano correlati all’evoluzione di queste malattie in leucemia

Ad oggi le basi molecolari delle sindromi mielodisplastiche (SMD), un gruppo eterogeneo di malattie del sangue, sono ancora poco chiare. Mutazioni genetiche acquisite, anomalie cromosomiche, ereditarietà: questi, secondo gli esperti mondiali, i possibili fattori che spiegherebbero il passaggio da malattia ‘pre-leucemica’ – così sono definite le SMD – a una più grave leucemia mieloide acuta, esito di un progressione nel tempo. Un ruolo chiave potrebbe essere quello di alcune mutazioni dell’RNA splicing, un meccanismo genetico della cellula, individuate in un’indagine condotta dal Wellcome Trust Sanger Institute di Hinxton, negli UK, all’interno di un progetto di collaborazione internazionale. Sarebbero queste anomalie a fare da ‘driver’, ovvero da apripista per la proliferazione cellulare incontrollata che sfocia nello sviluppo di un tumore.

L’ageism è un fenomeno molto diffuso in oncologia e può limitare l’accesso dei pazienti over-70 alle terapie adeguate, con conseguenze sulla loro sopravvivenza

Ci sono malattie oncologiche che colpiscono soprattutto persone al di sopra dei 70 anni e che, con la terapia adeguata, possono essere curate o rese croniche regalando anni di vita in buone condizioni di salute. Questo è il progresso della medicina. Contro questo vi è l’arretratezza di un fenomeno chiamato ‘Ageism’, un fenomeno particolarmente diffuso in oncologia – anche se non limitato a questa – che tende ad escludere dalla più accurata diagnosi e della migliore terapie i pazienti over – 70. Ne parliamo con Valeria Santini, professore associato di ematologia presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, unica italiana nel comitato direttivo del progetto internazionale Life Beyond Limits.

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