Nuovi dati provenienti dall’analisi finale dello studio IMPACT, un trial di fase II che ha studiato l’effetto di MGN1703, un nuovo immunomodulatore, in 59 pazienti con carcinoma colorettale metastatico, hanno confermato l’azione biologica del farmaco e suggerito come sia possibile identificare i pazienti potenzialmente responsivi al trattamento.
I dati sono stati presentati in occasione del 15° Congresso Mondiale ESMO (European Society of Medical Oncology) sul carcinoma colorettale dal prof. Hans-Joachim Schmoll (Martin Luther University, Halle, Germania).
MGN1703, un nuovo immunomodulatore sviluppato dalla biotech tedesca MOLOGEN, è una piccola molecola di DNA riconosciuta da un recettore noto come recettore di tipo toll 9, un recettore espresso in alcune cellule del sistema immunitario che fa parte di una classe recettoriale implicata nei processi alla base dell’immunità innata dell’organismo. Il farmaco è stato disegnato allo scopo di attivare in modo ampio tutte le componenti del sistema immunitario innato coinvolte nella stimolazione alla distruzione delle cellule cancerose.
La chemioterapia standard nei pazienti con carcinoma colorettale metastatico che rispondono al trattamento viene spesso completamente o parzialmente interrotta al progredire della malattia. E’ durante questa fase di mantenimento del trattamento che è stato testato il nuovo farmaco nel trial IMPACT, un trial internazionale, randomizzato, in doppio cieco, condotto in pazienti che avevano raggiunto il controllo della malattia dopo 4.5-6 mesi dall’inizio della chemioterapia.
Secondo quanto riportato da Pharmastar l’ intenzione originaria degli sperimentatori del trial era quella di valutare l’efficacia del farmaco in 129 pazienti, ma le difficoltà relative al processo di reclutamento hanno costretto a chiudere questa fase dopo che 59 pazienti era stati randomizzati al trattamento con MGN1703 (43 pazienti) o con placebo (16 pazienti).
“Dopo un follow-up mediano della durata di 17,3 mesi, MGN1703 ha prolungato la sopravvivenza libera da progressione di malattia sia all’inizio della fase di induzione che all’inizio della fase di mantenimento della terapia, includendo in questo risultato 4 pazienti con sopravvivenza libera da progressione di malattia sostenuta che sono ancora in trattamento – ha commentato il prof. Schmoll”.
Un’analisi pre-pianificata delle popolazioni di cellule del sistema immunitario ha mostrato come l’attivazione di un particolare sottotipo cellulare, le cellule T NK (Natural Killer), possa avere un possibile ruolo predittivo nell’individuazione dei pazienti responders alla terapia in questione: “Abbiamo osservato, infatti – continua il dr. Schmoll – un aumento significativo dei monociti CD14+CD169+ in tutti i pazienti trattati con MGN1703 (tranne in un solo caso) e non nei pazienti trattati con placebo, a suggerire come il farmaco abbia un effetto biologico”.
“Questi dati – ha continuato il prof. Schmoll – presentati in occasione del 15° Congresso Mondiale ESMO sul carcinoma colorettale, evidenziano un trend molto interessante che dovrebbe essere seguito e confermato da studi di dimensioni numeriche adeguate.”
“Dal momento che il trattamento con farmaci immunoterapici come MGN1703 ha bisogno di tempo per sortire i suoi effetti, è più probabile che i pazienti con una più bassa aggressività tumorale e una risposta a trattamento chemioterapico pregresso possano trarre un beneficio dalla terapia con MGN1703 – ha sottolineato il prof. Schmoll”.
“Le evidenze da noi presentate nel corso del 15° Congresso Mondiale ESMO sui tumori gastrointestinali sono le prime ad identificare una popolazione di cellule del sistema immunitario che potrebbe essere utile nell’identificazione di pazienti responders alla terapia con MGN1703. Si stanno accumulando evidenze in letteratura secondo le quali i pazienti che raggiungono una risposta all’immunoterapia sembrano presentare un controllo più prolungato nel tempo della malattia. E’ necessario a questo punto avere conferme di ciò mediante un trial di dimensioni più adeguate”
Nel commentare lo studio, un portavoce dell’ESMO, il dr. Michel Ducreux, Capo dell’Unità Gastrointestinale presso l’Institut Gustave Roussy, Villejuif (Francia), ha dichiarato che i nuovi risultati supportano il razionale di questo approccio terapeutico.
“Questo è un farmaco interessante e promettente che rappresenta un nuovo concetto di terapia di mantenimento associata all’immunomodulazione – ha dichiarato il dr. Ducreux. – I risultati, in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia e di risposta al trattamento sono stati robusti, per quanto basati su un piccolo numero di pazienti, e necessitano di conferme a più lungo termine e su numeri di pazienti più elevati”.
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