L’atleta paralimpica, affetta da un grave difetto alla vista, ha studiato medicina e si è molto prodigata per i pazienti colpiti da COVID-19 durante la pandemia
Venerdì scorso, allo Stadio Olimpico di Tokyo si è tenuta la cerimonia d’apertura della XXXII Olimpiade, quella che nessuno dimenticherà mai perché è la prima che si svolgerà nel pieno di una pandemia. Non era mai successo nella storia che un evento di questa portata coincidesse con la diffusione di un virus a livello mondiale, ma da oltre un anno il virus SARS-CoV-2 - in tutte le sue varianti - infuria senza risparmiare alcun Paese e questo richiede un’attenzione speciale perché le Olimpiadi da sempre richiamano milioni di persone. Basta considerare che sono oltre 11mila solo gli atleti in gara e, tra di essi, c’è anche Susana Rodríguez, pluripremiata atleta paralimpica affetta da albinismo.
La sua storia personale si interseca perfettamente con quella di queste Olimpiadi, inizialmente previste per il 2020 e rimandate a causa del dilagare della pandemia di COVID-19 in un susseguirsi di polemiche e discussioni in merito alle possibilità organizzative e alle notevoli lacune economiche. Susana, infatti, è nata con un difetto visivo causato dall’albinismo, una condizione genetica che provoca una mancanza di pigmentazione a livello della cute, dei capelli e degli occhi: in particolare, all’albinismo sono sovente associati difetti oculari e della visione, tanto che si parla di albinismo oculocutaneo, del quale sono state riconosciute due forme, tirosinasi negativa (tipo I) e tirosinasi positiva (tipo II). Questo perché la malattia è generata da un difetto nella sintesi e nella distribuzione della melanina che si innesca proprio a causa della carenza dell’enzima tirosinasi. Le due forme di malattia, quasi indistinguibili alla nascita, si differenziano proprio per la capacità dei bulbi piliferi di formare la melanina se incubati con l’enzima tirosina. I pazienti che soffrono di albinismo come Susana presentano una cute bianchissima, capelli bianchi e occhi rosa, grigi o azzurro chiari e in molti casi accusano difetti visivi, fra cui strabismo, nistagmo, fotofobia e riduzione dell’acuità visiva.
Come si legge nell’articolo che la giornalista Ciara Nugent ha dedicato alla campionessa paralimpica di triathlon sulle colonne della rivista Time, Susana non si è messa solamente in gioco nello sport ma anche nella sua professione, scegliendo la carriera medica; così all’inizio dello scorso anno, quando la pandemia è arrivata in Spagna, Susana si è messa a disposizione, lavorando alle linee telefoniche per aiutare le persone a capire se avevano necessità di sottoporsi ai test diagnostici e contribuendo alla riabilitazione dei pazienti fiaccati dalla malattia e indeboliti dalla lunga degenza nei reparti di terapia intensiva. Nel contempo, Susana non ha mai smesso i suoi allenamenti: pur non potendo uscire dall’appartamento che condivideva con due colleghi, ha continuato ad allenarsi sul tapis roulant, sulla cyclette e con altre attrezzature da palestra. Di certo a questa giovane donna la determinazione non è mai mancata, visto che aveva coltivato il sogno di diventare un’atleta sin dall’età di 10 anni, dividendo in maniera metodica tutte le sue giornate tra lo studio e l’allenamento.
A Tokyo 2020 prenderà parte alle competizioni di triathlon - un’estenuante specialità che combina nuoto, corsa in bicicletta e corsa a piedi - e come in tutte le sue precedenti gare (incluse quelle disputate alle Olimpiadi di Rio 2016) avrà una guida al suo fianco che le spiegherà in tempo reale cosa sta accadendo in pista. Uniti da una corda, Susana e la sua guida nuoteranno, pedaleranno e correranno insieme, in una sfida che non è solo sportiva: un messaggio quest’ultimo che aveva contribuito a lanciare anche Bernardo, un ragazzo italiano che dopo aver subito un pauroso incidente aereo aveva trovato la forza per rimettersi in gioco proprio grazie alla durissima disciplina sportiva del triathlon.
Insieme all’assenza del pubblico sugli spalti, l’obbligo delle mascherine, il distanziamento sociale e una raffica di test per la ricerca del virus stanno contribuendo a rendere unica questa edizione dei Giochi Olimpici, i quali si svolgeranno all’insegna dell’isolamento e nell’osservazione di rigidi protocolli di controllo, al fine di evitare l’ulteriore diffusione di varianti virali in un Paese come il Giappone, dove poco meno del 15% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Tuttavia, persone come Susana, schierate sulla linea di partenza, costituiscono un esempio concreto e chiaro di come, grazie a forza di volontà e ostinazione, sia possibile sconfiggere la malattia.
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