La dr.ssa Stefania Petrini (Ospedale Bambino Gesù): “È una terapia che potenzialmente potrebbe essere applicata a tutti i pazienti, indipendentemente dal tipo di mutazione”
ROMA – La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) rappresenta la forma più grave di distrofia muscolare; è una rara malattia genetica causata da mutazioni nel gene che codifica per la proteina distrofina, che svolge un ruolo determinante per la stabilità meccanica della membrana della fibra muscolare nel corso del processo di contrazione. La DMD colpisce specificamente il tessuto muscolare liscio e striato (scheletrico e cardiaco), portando ad una progressiva sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibrotico e adiposo, con la conseguente diminuzione della forza muscolare fino alla perdita della capacità motoria.
In un recente studio pubblicato sulla rivista Neuromuscular Disorders sono riportati i risultati della sperimentazione clinica di fase 2 condotta su un gruppo di pazienti DMD, per valutare gli effetti della somministrazione di una molecola sviluppata da Italfarmaco, il givinostat, un inibitore delle istone deacetilasi (HDAC), enzimi costitutivamente attivi nella DMD che, provocando una aberrante espressione di geni, scatenano una serie di eventi molecolari con conseguente progressiva distruzione delle fibre muscolari e sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibro-adiposo.
La ricerca di base, condotta dal gruppo del prof. Pier Lorenzo Puri nel modello murino mdx, aveva precedentemente dimostrato che il givinostat è in grado di aumentare il calibro (CSA o cross-sectional area) delle miofibre e di ridurre significativamente la fibrosi, la deposizione di tessuto adiposo e la quantità di infiltrati cellulari di natura infiammatoria. A seguito di questi promettenti risultati è partita la sperimentazione clinica che ha coinvolto un gruppo di 20 pazienti DMD deambulanti, di età compresa fra i 7 e i 10 anni, per la valutazione degli effetti istologici e clinici, della tollerabilità e sicurezza del farmaco.
“Ad ogni paziente sono state effettuate due biopsie muscolari, una prima dell’inizio della somministrazione del farmaco e una dopo 12 mesi di trattamento”, spiega la dr.ssa Stefania Petrini, dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma, autrice dello studio insieme ad un gruppo di colleghi di altri centri di Roma, Milano, Pavia e Messina. “L’analisi istologica e morfometrica, condotta in ogni biopsia muscolare, ha fornito la valutazione della CSA delle miofibre e delle aree di tessuto occupate da tessuto connettivo fibrotico, da tessuto adiposo e da necrosi”.
Il confronto fra i dati pre e post-trattamento ha evidenziato l’efficacia del givinostat nel ridurre significativamente i processi di sostituzione, fibrotica e adiposa, e l’estensione delle aree necrotiche. “Alla fine del trattamento – continua la dr.ssa Petrini – nei muscoli di tutti i pazienti DMD partecipanti allo studio si è osservato un aumento significativo della frazione di tessuto muscolare riconducibile ad un aumento omogeneo della CSA delle fibre”.
Questi risultati positivi, insieme al superamento dei test clinici di tollerabilità e sicurezza, attribuiscono al givinostat un’efficacia nel contrastare gli effetti degenerativi della progressione della patologia. “In questa ricerca traslazionale – conclude la dr.ssa Petrini – vengono dimostrati per la prima volta a livello istologico gli effetti benefici di una terapia farmacologica che, potenzialmente, potrebbe essere applicata a tutti i pazienti DMD, indipendentemente dal tipo di mutazione del gene della distrofina”.
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