Elena Semenzato e Alice Cadalora
Elena Semenzato e Alice Cadalora (Duchenne Research & Advocacy):

Elena Semenzato e Alice Cadalora (Duchenne Research & Advocacy): “Abbiamo chiesto di consentire il riavvio immediato della disponibilità del farmaco. Se i nostri bambini dovessero aspettare i potenziali lunghi tempi della giustizia, potrebbero subire un danno irreparabile e irreversibile”.

Non si ferma la battaglia delle mamme Duchenne affinché i loro figli non siano privati del farmaco ataluren: oggi l'ultima mossa, con la presentazione del ricorso alla Corte di Giustizia Europea contro la sospensione decretata dalla Commissione Europea lo scorso 28 marzo. La complessa vicenda è iniziata nel settembre del 2023, quando il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) si pronunciò negativamente rispetto all’autorizzazione all’immissione in commercio completa di ataluren (nome commerciale Translarna) per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne con mutazione nonsenso.

Il giudizio del Comitato è stato poi riconfermato in seguito a tre diversi riesami, l’ultimo dei quali si è concluso a ottobre del 2024La comunità della Duchenne – pazienti e famiglie, associazioni e clinici – si è attivata fin da subito per dialogare con l’EMA e la Commissione Europea con l'intento di trovare una soluzione, ma nel marzo scorso è arrivata la doccia fredda: la Commissione Europea ha adottato definitivamente il parere negativo, revocando l’autorizzazione condizionata all'immissione in commercio del farmaco in tutta Europa. Una decisione che riguarda un centinaio di famiglie in Italia e circa 800 in Europa.

Fra le mamme che più hanno lottato contro questa scelta ci sono Elena Semenzato e Alice Cadalora: per tutelare la salute dei loro figli, entrambi di 7 anni, hanno scritto una lettera aperta alla Commissione Europea, e in precedenza sono state tra le firmatarie di un appello al Presidente della Repubblica Mattarella. Non solo: si sono recate ad Amsterdam, nel tentativo di riuscire a parlare con qualche membro del comitato CHMP.

Per ora questi sforzi non hanno ottenuto l'esito sperato, ma ci sono ancora due spiragli: il primo è appunto il ricorso alla Corte di Giustizia Europea, depositato oggi, 30 aprile, a nome di un'associazione creata ad hoc, la “Duchenne Research & Advocacy”, di cui Elena e Alice sono presidente e vice presidente. “I criteri che l'EMA applica alle malattie rare sono ormai obsoleti: non si possono prendere decisioni confrontando per un periodo di tempo così esiguo chi assume il farmaco e chi non lo assume, perché secondo i massimi esperti italiani della patologia l'efficacia della terapia si può apprezzare solo nel lungo periodo. Chiediamo quindi che questi criteri siano rivisti e modificati, e che i nostri figli possano continuare a curarsi per avere il miglior destino possibile. Le famiglie – già provate dal dolore e dalla rabbia – stanno sostenendo importanti spese legali per ottenere giustizia, per cui abbiamo avviato una raccolta fondi”. 

Nel ricorso, gli avvocati hanno richiesto che la sospensione della decisione sia immediata: “Parliamo di bambini colpiti da una malattia molto grave per cui, se dovessero aspettare i potenziali lunghi tempi della giustizia, subirebbero un danno irreparabile e irreversibile. Abbiamo chiesto quindi di consentire il riavvio immediato della disponibilità del farmaco, senza aspettare una sentenza che, come speriamo, poi ci darà ragione”.

Il secondo spiraglio sarebbe l'applicazione dell'articolo 117 della direttiva UE 201/83 (in Italia recepita dal DM del 30 aprile 2015, art. 43 comma 2),  che consentirebbe l'uso del farmaco a livello nazionale: una possibilità prevista dalla stessa Commissione Europea e già attuata da tredici Stati membri. In particolare, l'ipotesi potrebbe essere quella di importare il farmaco dal Regno Unito, dove è ancora in commercio. Una soluzione che però – sottolineano Elena Semenzato e Alice Cadalora – sta portando a una discriminazione a livello europeo, a sfavore dei pazienti cittadini di uno Stato che decide di non usufruire di questa possibilità. In ogni caso, in Italia, l'AIFA non si è ancora espressa ufficialmente sulla fattibilità di questa opzione: “Una cosa inconcepibile, considerato l'impegno attivo e propositivo di AIFA per sostenere le famiglie durante questo controverso periodo”.

Nel frattempo, le scorte di ataluren stanno per terminare: “Alcune famiglie sono riuscite a metterne da parte qualche confezione in più, altre no”, concludono Elena e Alice. “Anche i nostri figli potranno assumerlo ancora solo fino a metà maggio”.

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