“Nelle Asl c’è tanta disinformazione e lentezza. Speriamo che il comunicatore arrivi presto”
Franca ci aveva scritto l’ultima volta a settembre, nonostante un’estate con qualche problema Toni, suo marito, affetto da SLA, riusciva ad andare in bicicletta e, anche se con qualche difficoltà, parlava ancora. Sono passati tre mesi da allora, la malattia non si è fermata; per ora terapie in grado di bloccarla non ci sono, nonostante la ricerca sia tanta. Franca, che assiste il marito ogni giorno, ha letto sui giornali la storia di Walter Bellini, l’uomo torinese che si è detto sfinito non solo dalla malattia ma anche dalle difficoltà che deve vivere la sua famiglia, e che per questo, in mancanza di aiuti, vorrebbe essere aiutato a morire. Sapendo che significa vivere con la SLA, una malattia di cui fino a un anno fa sapeva appena il nome, è rimasta molto colpita, ed anche preoccupata. “Non posso pensare che un giorno Toni mi possa dire che non vuole più vivere – ci scrive – e dico a Walter di non mollare. Però mi rendo conto bene di quali sono le difficoltà, le vedo ogni giorno soprattutto quando devo confrontarmi con le ASL, solo quando ti ci trovi ti rendi conto che c’è tanta ignoranza, che non si rendono conto di cosa sia veramente la malattia, e questo a volte vale anche per il personale medico”.
Ci sono le pratiche da fare, i tempi burocratici da attendere. Ma attendere per un malato di SLA è difficile, perché la malattia non aspetta. Toni, che a settembre andava in bici, poteva parlare e cercava di non perder peso a forza di piatti di spaghetti oggi, a tre mesi da allora, è ricorso alla PEG (la nutrizione artificiale che porta il cibo nello stomaco) anche se mangia ancora un po’, ha serie difficoltà a parlare e di bicicletta non si parla più.
“Toni fatica a fare le scale per salire in camera da letto – racconta Franca - quando cerco di confortarlo dicendogli che per fortuna non ha dolori, che deve mantenersi mangiando, facendo un pò di kinesi, lui mi guarda, scrolla il capo e dice “la mia malattia ....”, e gli manca la voce. Io mi sento mancare il cuore. Si è demoralizzato, in tre mesi ha perso molto e le terapie sperimentali, come quelle con le staminali, sono ancora molto indietro né si capisce come fare ad entrarci”.
In questi mesi Toni è stato anche in ospedale a causa di una polmonite da ingestione – un evento non raro nei malati di SLA – ha perso peso, addirittura è tornata a casa dall’ospedale disidratato, e con meno forze di prima. Anche l’impianto della PEG non è stato facile, entrato per l’intervento i medici hanno dovuto rimandarlo dopo aver riscontrato un problema per il posizionamento, e Toni è dovuto tornare in ospedale giorni più tardi per essere operato.
“Mio marito ha paura, e la paura aumenta ogni volta che vede che ci sono nuove difficoltà – dice Franca – Il ventilatore che abbiamo ottenuto dopo tante insistenze lo aiuta molto ma ora ha grosse difficoltà a parlare e abbiamo chiesto il comunicatore, speriamo che arrivi in tempo”.
Lo speriamo anche noi, anche se il problema degli ausili, e in particolare dei comunicatori vocali che sono piuttosto costosi, è uno di quelli che non è stato ancora del tutto risolto. Avrebbero dovuto essere inseriti nei LEA come aggiornamento al nomenclatore degli ausili e delle protesti, ma il LEA si bloccarono, furono stanziati dei finanziamenti appositi per le Regioni, ma i percorsi di erogazione sono rimasti sempre abbastanza difficili e legati più che altro alla volontà e all’impegno dei singoli medici, funzionari e delle associazioni che si occupano di questi pazienti, come l’Asla di Padova con cui Franca e Toni sono in contatto.
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