La Sindrome da Stanchezza Cronica, o Sindrome da Fatica Cronica (CFS, acronimo di Chronic Fatigue Syndrome) è un disturbo caratterizzato dalla fatica cronica persistente per almeno 6 mesi e di una serie di sintomi piuttosto eterogenei fra loro. La sindrome colpisce prevalentemente le donne e ha un'incidenza stimata tra 0,4% e 1%, non si tratta quindi di una malattia rara.
Recenti documentazioni internazionali raccomandano di non parlare di CFS, ma di Encefalomielite Mialgica (ME), fisiopatologia sottostante alla Sindrome da Stanchezza Cronica e malattia riconosciuta dall'OMS.

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Su Nature Rewiev Neuroscience il punto sulla malattia

La sindrome da stanchezza cronica (CFS) è una malattia debilitante che colpisce tra lo 0.4 e l'1 per cento della popolazione. Le cause della CFS non sono note, la diagnosi della malattia è difficile e non esistono farmaci specifici. Inizialmente la comunità scientifica era scettica riguardo l'esistenza stessa della patologia. Una volta accertata l'esistenza della CFS le polemiche sono sorte sul nome da attribuire alla malattia, la sua eziologia, la fisiopatologia e l'efficacia dei pochi trattamenti disponibili. Nature Reviews Neuroscience ha chiesto a quattro dei più importanti ricercatori coinvolti nella ricerca sulla CFS di fare chiarezza su questa malattia. Riportiamo qui parte dell’intervista. "Per anni la professione medica non ha riconosciuto la sindrome da stanchezza cronica come condizione reale  - spiega il prof. Holgate dell'Univeristà di Southempton – La situazione è diventata confusa quando il concetto di encefalopatia mialgica è stato legato alla CFS e molti preferivano chiamarla così perché la definizione era legata a un concetto clinico". Questa confusione è stata ulteriormente aggravata da grandi disaccordi sulla prevalenza e fisiopatologia della malattia, e l'eccessiva gamma di trattamenti potenziali. C'è ancora chi pensa che la sindrome sia dovuta unicamente a causa psicologiche e psicosociali, e a causa di queste discordanze i pazienti ricevono cure non adeguate.

Che cosa causa la sindrome da stanchezza cronica? Per un certo periodo di tempo ci sono state due principali ipotesi, quella di chi riteneva si trattasse di fatto di una malattia con cause psichiche e chi invece propendeva per attribuire la maggiore responsabilità ad una causa virare. Per molto tempo sotto accusa si è tenuto un retrovirus, l’XMRV ma recenti studi hanno smentito questa ipotesi. Un recente articolo pubblicato su Nature Reviev Neuroscience prova dunque a fare chiarezze sulle possibili ipotesi interpellando i 4 maggiori esperti di questa patologia ancora poco conosciuta e riconosciuta. Ne risulta che la componente psichiatrica sembra reale, il ruolo di infezioni virali e batteriche sembra evidente ma non esistono ancora le prove scientifiche. Di seguito i passi salienti delle interviste.

Il protocollo di studio che verrà applicato su 140 adolescenti si chiama FITNET

La Sindrome da Stanchezza Cronica (CFS) non è considerata attualmente una malattia rara, la sua incidenza infatti è stimata tra lo 0,4 e l’1 per cento della popolazione, colpisce le femmine 4 volte più dei maschi, si presenta in genere tra i 20 e i 40 anni e può avere un impatto molto forte, fino ad impedire le normali attività di studio o lavoro. Questo male, tuttavia, condivide con molte malattie rare il fatto di non avere un’origine chiaramente identificabile, di non avere farmaci specificamente approvati per la terapia e di essere anche piuttosto difficile da diagnosticare. Attualmente uno degli approcci più utilizzati per intervenire nelle persone affette da fatica cronica è la terapia cognitivo comportamentale, che richiede però di trovare e recarsi regolarmente da un terapeuta con competenze specifiche. Adesso, in alternativa a questo tipo di terapia, si pensa ad un approccio più ‘moderno’ che sfrutti la confidenza degli adolescenti con il web. Il protocollo terapeutico di prossima attuazione è stato appena pubblicato su BMC Nurology; si chiama FITNET e si ipotizza che possa essere una valida alternativa alla terapia cognitiva ‘faccia a faccia’.

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