Buone notizie giungono anche sul fronte dell’approccio terapeutico di deprivazione androgenica
È il tumore maschile più diffuso - solo in Italia lo scorso anno sono state effettuate più di 40mila nuove diagnosi - ma nelle fasi iniziali è spesso sfuggente perché non provoca sintomi evidenti che, invece, si avvertono col progredire della malattia. Parliamo del tumore alla prostata, che negli ultimi decenni ha visto crescere di molto il numero di diagnosi, anche nelle fasi precoci: ciò anche per merito del test del PSA, eseguibile con un semplice prelievo di sangue. Questo ha fatto in modo che, in base allo stadio del tumore, potessero essere approntati differenti protocolli di gestione del paziente, che vanno dalla sorveglianza attiva all’intervento chirurgico, fino alla terapia di deprivazione androgenica, un caposaldo nel programma di trattamento. Ma quando la neoplasia diventa resistente e tende a produrre metastasi (soprattutto allo scheletro) sono necessari approcci differenti, tra cui la terapia con radioligandi.
UNA STORIA CHE INIZIA CON I TUMORI NEUROENDOCRINI
Il trattamento con radioligandi aveva già dato prova di efficacia contro i tumori neurodendocrini e si basa sull’opportunità di individuare dei recettori specificamente espressi dalla cellula tumorale e di sfruttarli per contrastare il tumore. In particolare, la terapia di precisione con Lutezio (177Lu) sfrutta il radionuclide lutezio-177 associato a una molecola in grado di riconoscere con elevata affinità il PSMA (Prostate Specific Membrane Antigen), una proteina di membrana diffusamente presente sulla superficie esterna delle cellule nel carcinoma della prostata: il legame tra la molecola e le cellule tumorali esprimenti il PSMA fa da innesco al rilascio da parte del 177Lu di radiazioni terapeutiche che colpiscono in maniera mirata la cellula tumorale, danneggiandola e determinandone la morte. La terapia con radioligandi costituisce, dunque, un approccio sicuro oltre che efficace, tanto che la teragnostica - il settore della medicina nucleare che ha fatto da alveo allo sviluppo di questi farmaci - ha mostrato di poter cambiare il volto del trattamento dei tumori neuroendocrini del tratto gastro-entero-pancreatico (GEP-NET). Lo stesso si prospetta adesso per il cancro della prostata.
IL RADIOFARMACO PER IL TUMORE DELLA PROSTATA PROGRESSIVO
Nello studio di Fase III VISION, il radiofarmaco lutezio (177Lu) vipivotide tetraxetan (nome commerciale Pluvicto) è stato testato in pazienti affetti da cancro della prostata in progressione già sottoposti a trattamento con un inibitore della via del recettore degli androgeni (enzalutamide e/o abiraterone acetato) e almeno un ciclo di chemioterapia a base di taxani. I partecipanti sono stati suddivisi in due bracci - quello di studio con lutezio-177 (177Lu) più il miglior standard di cura (BSoC, Best Standard of Care) e quello di controllo con solo BSoC - e alla fine si è visto che quelli inseriti nel braccio di studio avevano ottenuto una riduzione del 38% del rischio di morte e del 60% del rischio di progressione radiografica della malattia o di morte (rPFS) rispetto a quelli nel braccio di controllo. Inoltre, circa il 30% di coloro che avevano una malattia valutabile al basale ha poi ottenuto una risposta obiettiva (secondo i criteri RECIST 1.1) grazie a Lutezio (177Lu) vipivotide tetraxetan più BSoC rispetto al 2% nel braccio di controllo. Sulla base di questi risultati, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha oggi approvato la rimborsabilità del radiofarmaco per il trattamento di pazienti adulti affetti da carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione, progressivo e positivo al PSMA, che sono stati precedentemente trattati con un inibitore della via del recettore degli androgeni e chemioterapia a base di docetaxel e cabazitaxel, o che non sono candidabili allo stesso cabazitaxel.
Ulteriore supporto al fatto che le terapie di precisione con radioligandi possano rappresentare il futuro nel trattamento della neoplasia metastatica della prostata giunge da un’altra notizia, diffusa alcuni mesi fa, secondo cui l’AIFA ha autorizzato l’avvio della produzione di piflufolastat (18F) (nome commerciale Pylclar), un radiotracciante che, utilizzato nell’ambito dell’esame diagnostico con PSMA-PET, offre la possibilità di individuare la malattia nelle fasi iniziali e al momento della comparsa della recidiva, consentendo in un momento successivo l’uso del Lutezio 177 per uccidere le cellule tumorali.
MIGLIORARE IL PROCESSO DI DIAGNOSI
All’origine dell’implementazione di questi nuovi farmaci c’è l’introduzione e l’utilizzo in clinica della PSMA-PET, un esame che ha contribuito a incrementare in maniera significativa la qualità della diagnosi e il processo di stadiazione del tumore della prostata, aspetti da sempre considerati nevralgici per la comunità degli urologi. Infatti, se da un lato il dosaggio del PSA ha consentito di trovare molti più tumori, dall’altro la specificità di questo esame rimane bassa (il PSA è un marcatore d’organo e come tale può subire rialzi anche in caso di condizioni non tumorali, quali l’ipertrofia prostatica benigna).
Nel corso del tempo sono stati valutati svariati strumenti per aumentare il livello di precisione del riscontro e, più di recente, anche l’intelligenza artificiale (IA) ha arrecato un contributo al miglioramento della diagnosi, con la riduzione del numero di biopsie non necessarie (a fronte di un valore elevato di PSA i pazienti eseguono la biopsia che, in certi casi, dà riscontro negativo anche se ripetuta più volte). Il progetto FLUTE - Federate Learning and mUlti-party computation Techniques for prostatE cancer - si pone perciò l’obiettivo di sviluppare un algoritmo di IA che, combinando un’elevata mole di dati clinici e sanitari, renda più preciso il percorso diagnostico di questa neoplasia.
BUONE NOTIZIE ANCHE SUL FRONTE DELLA TERAPIA DI DEPRIVAZIONE ANDROGENICA
Una diagnosi puntuale è il passaggio cardine per accedere a un percorso terapeutico che, come già spiegato, si articola in diversi modi a seconda dello stadio del tumore. Se per i tumori metastatici della prostata stanno emergendo i vantaggi della terapia con radiofarmaci non bisogna tuttavia dimenticare che un indiscusso cardine del trattamento rimane la terapia di deprivazione androgenica. Infatti, se i radiofarmaci sono oggetto di valutazione anche per gli individui affetti da tumore della prostata metastatico sensibile alla terapia ormonale, per questa categoria di pazienti la Commissione Europea ha approvato nel 2023 l’utilizzo di darolutamide, un inibitore orale del recettore degli androgeni, in combinazione con la terapia di deprivazione androgenica e la chemioterapia. Fondamentali per questa decisione sono stati i risultati dello studio di Fase III ARASENS, pubblicati su The New England Journal of Medicine: alla riduzione del rischio di morte e al prolungamento della sopravvivenza si abbina una maggior qualità di vita, obiettivo considerato di primaria rilevanza per questa categoria di pazienti.
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