La donazione del sangue cordonale come strumento per poter essere d’aiuto a chi necessita di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche, ma anche come traguardo di un percorso di avvicinamento e integrazione, per un accesso alle cure egualitario: è questo l’obiettivo che la nuova campagna di sensibilizzazione al dono del sangue del cordone ombelicale promossa dalla Federazione Italiana Adoces – Associazioni donatori cellule staminali - (che per prima in Italia nel 2009 ha avviato un’iniziativa nazionale di comunicazione sulla tematica), presentata a Roma, Palazzo San Macuto - sede delle commissioni parlamentari bicamerali – il 10 dicembre scorso, si pone.
Se “Nati per donare”, l’iniziativa inaugurata nel 2012 con il patrocinio del Ministero della Salute e grazie alla collaborazione con le 800 biblioteche della rete Aib (Associazione Italiana Biblioteche), aveva puntato a potenziare la rete di diffusione delle informazioni per condurre le future madri italiane ad una scelta consapevole, “Anche noi… Nati per donare” allarga il “proprio pubblico”, realizzando strumenti e modalità innovativi, rivolgendosi alle donne immigrate ma anche alle donne portatrici di handicap sensoriali.
“Nella Giornata internazionale per i diritti umani – ha sottolineato Licinio Contu, presidente della Federazione Italiana Adoces e genetista di fama internazionale – vogliamo porre l'attenzione sull'uguaglianza dei diritti dei malati nell'accesso alle cure sanitarie. Venticinque anni veniva effettuato il primo trapianto di sangue cordonale al mondo e da allora sono stati fatti enormi passi avanti (oltre 1.300 trapianti in Italia), ma solo per le persone di etnia caucasica occidentale. In provincia di Treviso, per la prima volta, si è pensato di trovare una soluzione anche per i pazienti appartenenti a gruppi etnici diversi”.
La nuova campagna è stata tenuta a battesimo dalla senatrice trevigiana Laura Puppato, nominata oggi socia onoraria della Federazione Italiana Adoces dal presidente Licinio Contu.
Pieno appoggio all'iniziativa anche da parte dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Unar, rappresentato da Alessandro Pistecchia: “L'iniziativa di Adoces offre l'opportunità alle donne immigrate in Italia di poter compiere il salto da soggetti fragili a risorse per la comunità”.
Attualmente nelle 19 banche pubbliche italiane sono presenti 35 mila donazioni solidali, quasi esclusivamente provenienti da donne italiane. Molte di esse sono state utilizzate per i trapianti di malati italiani o di persone appartenenti all’etnia caucasica (in Italia al 31 agosto 2013 ben 1.274, Fonti IBMDR e Centro Nazionale Sangue ISS). Il fabbisogno nazionale dovrebbe essere almeno raddoppiato, inserendo anche unità che rappresentino le caratteristiche genetiche di tutti i cittadini che vivono nel nostro Paese e in ambito europeo.
Gabriella Girelli, della Società Italiana Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (Simti), ha ricordato l'importanza della donazione di sangue cordonale anche con una significativa immagine: la bambina abbracciata da Papa Francesco nella copertina del libro “I racconti di Papa Francesco” di Rosario Carello è una piccola paziente guarita dalla leucemia grazie ad un trapianto di sangue cordonale e alla generosità di una madre e del suo bambino.
Anche in “Anche noi… nati per donare” si rinnova la “squadra” messa in campo con la precedente iniziativa: accanto alla Federazione Italiana Adoces vi sarà nuovamente Aib, che grazie alla rete di biblioteche afferenti, contribuirà in modo determinante alla diffusione dei materiali e supporti messi a punto da Adoces (che si è occupata anche di formare i bibliotecari sulla tematica). Lucilla Les di Aib ha ricordato, infatti, il ruolo nella promozione intercuturale della conoscenza che le biblioteche perseguono.
Il progetto è unico in Italia ed in Europa per la sua articolazione, gli strumenti operativi e il percorso adottato, perché si rivolge ad un target mai considerato prima e perché unisce all’obiettivo della donazione quello dell’integrazione. Il dono del sangue cordonale diviene infatti un buon motivo per entrare in contatto con le donne di diversa etnia e cultura che vivono nel nostro territorio, per coinvolgerle in un percorso di conoscenza e scambio (con il supporto di materiali multilingue cartacei e audiovisivi appositamente studiati) favorendo il processo di integrazione socio – culturale.
Instaurato il dialogo in un clima di fiducia, si inserisce l’obiettivo della donazione, che per i cittadini immigrati assume oggi un’importanza cruciale. Le potenziali donatrici, portatrici di genotipi differenti dal nostro (genotipo caucasico), infatti, possono contribuire all’accrescimento delle risorse utili ad aiutare i connazionali candidati al trapianto, sia quelli residenti in Italia (che, per differenza di caratteristiche genetiche, non trovano donatori nella popolazione italiana ed europea) sia per i pazienti esteri che vengono a curarsi nei Centri di trapianto italiani.
Ad esempio, nei Paesi del bacino del Mediterraneo è particolarmente è particolarmente diffusa la talassemia o anemia mediterranea. Solo in Albania ogni anno nascono circa 20 - 25 nuovi pazienti con emoglobinopatia trasfusione dipendente, patologia curabile con il trapianto di staminali del sangue cordonale.
Non solo, nei materiali informativi dedicati alle coppie straniere si è volutamente posto l’accento sulla “donazione dedicata”, ovvero la possibilità prevista dal Sistema Sanitario Nazionale di accantonare l’unità di sangue cordonale del proprio bambino qualora nella famiglia siano presenti malattie genetiche curabili con il trapianto delle cellule staminali cordonali del neonato.
Si conferma l'attenzione del Veneto per la nascita e il nascituro: come ha ricordato Mery Bottarel, coordinatrice ostetrica del reparto di ginecologia e ostetrica dell'Ospedale Ca' Foncello di Treviso, la regione ha inaugurato anche le campagne di sensibilizzazione “Mamma libera dal fumo” e “Mamma beve bimbo beve”.
I parti di stranieri in Italia.
In Italia oggi i bambini nati da donne immigrate rappresentano il 18,3% dei parti (con picchi al centro nord, dove oltre il 25% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna e Lombardia, quasi il 28% delle nascite è riferito a madri straniere). Le aree geografiche di provenienza più rappresentative, sono quella dell’Africa (26,9%) e dell’Unione Europea (25,5%). Le madri di origine asiatica e sudamericana sono rispettivamente il 18,4% e l’8,6% di quelle non italiane (dati contenuti nel “Rapporto sull’evento nascita in Italia” del Ministero della Salute, diffuso nel settembre 2013). Si evince che, riuscendo a divulgare la cultura della donazione anche tra di esse, si otterrebbe un contributo importante per la quantità e la varietà delle riserve trapianto logiche conservate nelle 19 banche del sangue cordonale italiane. In base al Dossier statistico 2013 sull’immigrazione, i parti di donne immigrate nel 2012 sono stati circa 80 mila.
Il dono si configura dunque come espressione di una cittadinanza partecipata e condivisa, in cui tutti potenzialmente potremmo essere donatori così come possibili riceventi. D’altronde, in relazione ai temi di salute e sanità, l’immigrazione presenta situazioni e problematiche nuove: pone una sfida alle logiche di fondo, alle metodologie e agli impianti organizzativi dei servizi, pone gli operatori di fronte alla messa in discussione del proprio agire, spinge all’aggiornamento e alla revisione del proprio sapere e del proprio operato da adattare alle nuove situazioni.
Lo sforzo delle istituzioni non può essere solamente quello di erogare le risorse economico - finanziarie ma anche, altrettanto importante, quello di facilitare lo sviluppo di conoscenze sempre più elevate, della cultura e dell’etica della qualità sia da parte di chi eroga i servizi sia da parte del cittadino che li riceve.
Il precursore, il Progetto Treviso.
La nuova campagna informativa nasce come ampliamento nazionale di un progetto pilota, il Progetto Treviso, che ha permesso di convalidare una metodologia efficace di approccio, proposta e accompagnamento al dono delle donne non italiane, avvalendosi di strumenti multilingue (il prontuario redatto nelle otto lingue più diffuse e strumenti audiovisivi declinati nelle medesime lingue, utili in casi di analfabetismo).
Per sviluppare il progetto, Adoces ha istituito a Treviso un tavolo tecnico composto da ostetriche, volontari e medici, e, dal settembre 2012 al marzo 2013, ha reso operativo nei consultori territoriali e nel punto nascita dell’ospedale di Treviso un percorso sperimentale per validare le procedure e gli strumenti operativi multilingue per l’informazione e l’erogazione del counselling e ottenere un consenso informato alla donazione da parte delle coppie immigrate in attesa di un figlio, nella garanzia dei criteri di sicurezza previsti dalle normative vigenti.
Il tavolo tecnico ha posto particolare attenzione agli aspetti culturali e religiosi di molte comunità incontrate durante la fase di formazione, affinché, prima di giungere alla donazione, le donne immigrate potessero sentirsi accolte e partecipi di un programma di donazione di “bene comune” già condiviso da migliaia di donne italiane, fossero informate e consapevoli della loro importanza genetica all’interno del Servizio sanitario nazionale, fossero gratificate e motivate dal fine di aiutare i propri connazionali malati, si sentissero valorizzate nel proprio ruolo di donne donatrici e in condizione di sviluppare, nell’ambito della loro famiglia e della loro comunità, la promozione della donazione volontaria, anonima e gratuita, magari anche di sangue e di midollo osseo (altre fonti importanti per i trapianti ematopoietici).
In questi mesi, le donne coinvolte nel progetto pilota, provenienti da paesi europei ed extra-europei, sono state 187 e determinante è stato il loro contributo: sia per ottimizzare la messa a punto di un modello operativo supportato da strumenti multilingue, sia per constatare la bontà del progetto, che ha portato oltre venti di loro alla donazione del sangue cordonale.
Il progetto, che risulta unico a livello nazionale e sul quale il Tavolo Tecnico sta tuttora lavorando, potrà essere allargato ad altre realtà regionali.
Per le portatrici di handicap sensoriali.
Oltre alle donne straniere, Adoces ha rivolto la propria attenzione anche alle donne sordomute, sempre nell’ottica della parità di accesso alla donazione del sangue cordonale: per loro ha realizzato appositi video nella lingua dei segni, per far sì che esse possano comprendere facilmente cos’è, come si concretizza e quali obiettivi persegue il dono del cordone ombelicale.
La diffusione della nuova campagna.
Fondamentale sarà adesso il supporto delle 800 biblioteche distribuite in tutto il territorio nazionale che afferiscono all’Associazione Italiana Biblioteche, partner dell’iniziativa.
I bibliotecari, per il loro ruolo di erogatori di conoscenza e di informazione corretta, sono adeguatamente formati ed aggiornati e in grado di fornire le informazioni di base, supportati da materiali cartacei ed audiovisivi in italiano e nelle sei lingue prese in considerazione con il progetto.
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