La conferma dell’utilità di questo procedimento viene da uno studio inglese pubblicato su Blood
Arriva dalla prestigiosa rivista scientifica Blood l’ennesima conferma che fare gli screening neonatali, cioè a poche ore dalla nascita del bambino ed indipendentemente dalle apparenti condizioni di salute, comporta grandi benefici. Il primo, naturalmente, è quello per la salute stessa del neonato. La nuova conferma riguarda una patologia rara poco nota, l’immunodeficienza combinata grave che, soprattutto se non diagnosticata, porta ad una serie di infezioni dei primi mesi di vita e non raramente alla conseguente morte del bambino.
Attualmente uno dei migliori trattamenti contro questa malattia è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche – quello che spesso viene impropriamente chiamato ‘trapianto di midollo’ - la riuscita dipende naturalmente dalla compatibilità del donatore e dalla condizione del bambino ma è comunque la migliore opportunità terapeutica che può essere offerta a questi bambini.
E qui entra lo screening neonatale: uno studio appena condotto in Inghilterra dimostra, infatti, che arrivano in migliori condizioni al trapianto, e dunque hanno una maggiore sopravvivenza, i bimbi che prima hanno avuto una diagnosi precoce, e dunque neonatale, e ai quali probabilmente questa conoscenza da parte di medici e genitori avrà comportato una maggior protezione dalle infezioni.
Lo studio, di tipo retrospettivo, è stato guidato dalla dottoressa Lucinda Brown e condotto da una equipe di ricercatori afferenti a diversi centri: alcuni del dipartimento di immunologia clinica del Great Ormond Street Hospital National Health Service Trust di Londra, altri del dipartimento di immunologia clinica e trapianti del Newcastle General Hospital ed altri ancora del centro per le immunodeficienze dell’UCL Institute of Child Health di Londra.
I ricercatori sono andati a comparare appunto la sopravvivenza dei bambini che avevano avuto la diagnosi alla nascita con quelli di coloro che l’avevano invece avuta in un tempo successivo. Alla fine dell’analisi è risultato che il tasso di sopravvivenza tra chi aveva beneficiato della diagnosi neonatale era del 90 per cento contro il 40 per cento degli altri bambini, un risultato che indica dunque in maniera chiara come la diagnosi neonatale significhi moltissimo in termini di sopravvivenza.
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