Tra i temi emersi dal dibattito tenutosi all’ISS sul tema dei registri, il 25 febbraio scorso, è la mancata partecipazione dei pazienti, sollevata dalle associazioni stesse. Queste, infatti, in alcuni casi, hanno creato una vera rete nazionale, sanno con buona approssimazione quanti pazienti ci sono per ciascuna regione e riescono anche a tenersi aggiornati sul loro essere in vita e sulle nuove diagnosi. Risulta così che, paradossalmente, mentre nel registro nazionale sono presenti solo 4 pazienti per una malattia l’associazione di riferimento ne conosca decine e anche la loro esatta dislocazione.
Perché dunque i pazienti non possono essere chiamati ad implementare i registri? La risposta, ha spiegato Domenica Taruscio, direttore del Centro Nazionale Malattie Rare, “è che il sistema italiano dei registri è tutto costruito intorno ai centri di cura e non prevede l’inserimento di dati da parte delle associazioni, nonostante se ne riconosca l’expertise”. Certo non se ne può fare una gran colpa al sistema italiano se molti anni fa non ha previsto quale forza sarebbe venuta delle associazioni, ed oggi forse inserire una nuova variabile a cose cominciate potrebbe creare nuove criticità, tuttavia l’impressione è stata che non si escluda che, in futuro, si possa ripensare il sistema in tal senso.
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