Una raccolta di dati per definire meglio l'epidemiologia e la storia naturale della malattia.

Nel mondo poco conosciuto delle malattie rare, è una storia abbastanza frequente: un'associazione, di pazienti e famigliari di pazienti, supporta un progetto di ricerca per colmare lacune diagnostiche e terapeutiche che rimarrebbero, in altro modo, quasi ignorate. Il progetto, in questo caso, si chiama 'Chiariamo' e si occuperà si raccogliere dati epidemiologici sulla malformazione di Arnold Chiari di tipo I, una malformazione del cervelletto, rara e congenita, la cui incidenza resta ancora ignota. L'associazione è la AIMA Child -  Associazione Italiana Malformazione di Chiari Child, che ha coinvolto tre dei più importanti istituti milanesi, l'Istituto Neurologico Carlo Besta, l'Ospedale Niguarda Ca' Granda e l'Ospedale Luigi Sacco, insieme con la Regione Lombardia nell'ambito della Rete Nazionale per le Malattie rare.

Dopo una fase di progettazione iniziale, verrà avviata una raccolta di dati per avere una mappa nazionale dei pazienti sul territorio, un follow up dei percorsi che i pazienti hanno seguito e ottenere un quadro più chiaro della diffusione e della storia naturale della patologia. Si punta, alla fine dei dieci anni di progetto, a fornire indicazioni più dettagliate per migliorare l'approccio terapeutico alla malattia.

La malformazioni di Chiari è una malattia contraddittoria: da un lato, può rimanere asintomatica e venire individuata attraverso una semplice risonanza magnetica, dall'altro una volta diagnosticata può essere curata solo con un intervento chirurgico alla testa e non con dei farmaci. Una scelta difficile, per i pazienti ma anche per i medici che hanno a disposizione pochi dati clinici per definire se l'approccio chirurgico è indicato o meno.
“Oggi vengono diagnosticati sempre più casi e la risonanza magnetica ha aiutato a individuarli. - commenta Veronica Saletti, direttore della Neurologia dello Sviluppo dell'Istituto Besta - Si tratta ad esempio di pazienti sottoposti a questo esame per i motivi più disparati, come  bambini con epilessia, ritardi mentali, traumi o disturbi del linguaggio. Sappiamo che di tutti i bambini sottoposti a RM, lo 0,9-1 per cento presenta malformazione di Chiari di tipo I, ma non conosciamo l'incidenza nella popolazione in generale.”

La diagnosi viene fatta sull'individuazione, attraverso la risonanza magnetica, della caratteristica tipica della patologia: la discesa delle tonsille cerebellari dal forame magno di almeno 5 millimetri nel caso della malformazione di tipo I, che differisce dal quadro più complesso della malformazione di tipo II in cui erniano non solo le tonsille ma anche il verme, il bulbo e vi è sempre associata spina bifida. La diagnosi da sola non basta, e sono necessari ulteriori indagini per definire il quadro del paziente.
“Il problema è capire che cosa fare una volta fatta la diagnosi – prosegue la Saletti - Non sempre diversi centri danno lo stesso tipo di indicazione, per lo più sulla base dell'esperienza. Quello che getta più in confusione i pazienti non è tanto il momento diagnostico ma quello in cui si deve affrontare la decisione terapeutica, che non si riduce a scegliere un farmaco piuttosto che un altro ma un vero intervento chirurgico. Ultimamente c'è la tendenza a operare sempre meno, proprio grazie alle conoscenze attuali. Iniziamo ad avere maggiori basi per definire chiaramente l'indicazione chirurgica, caso per caso, e questo progetto sicuramente porterà dei passi avanti in questa direzione.”





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