La ricerca multicentrica europea è stata guidata dall’Università di Messina

Le persone affette da una forma di sindrome di Wolfram dovuta a mutazione inattivante del gene WFS1 non vedranno peggiore i loro problemi di udito nel corso delle vita e questi non saranno differenti a seconda del sesso, come invece alcuni studi precedenti avevano fatto sospettare. Certo non si tratta della notizia in grado di cambiare la vita e il destino di queste persone ma è comunque un importante passo avanti nella compressione di questa rarissima patologia.
La sindrome di Wolfram (WFS) è una malattia rarissima, se ne contano al mondo circa 300 casi. A complicare il quadro e a rendere più complicati gli studi c’è il fatto che la malattia derivi da una numerosa serie di mutazioni che possono colpire geni differenti e quindi portate anche a manifestazioni diverse. Cinque sono quelli principali: diabete insipido (70 per cento dei casi) e diabete mellito ad esordio giovanile, atrofia ottica e sordità. Tutti segni che si manifestano generalmente nei primi 10 anni di vita ma che possono essere accompagnati ad una lunga serie di altri problemi fisici tra cui l’atassia cerebellare e problemi psichici che in alcune forme possono essere particolarmente gravi. La malattia è di tipo degenerativo e normalmente l’aspettativa di vita non supera i 30 anni.

È proprio sulla tipologia di ipoacusia, presente in circa il 62 per cento dei malati, che si è concentrato uno studio multicentrico europeo guidato dal Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche Università degli Studi di Messina pubblicato a gennaio sulla Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica.
Lo studio, che ha preso in considerazione 22 pazienti noti ai centri di diabetologia europei scegliendoli tra quelli che mostravano mutazioni inattivanti del gene WFS1, che però rappresentano solo una tipologia della malattia. Le mutazioni possono infatti essere anche di tipo non inattivante oppure colpire, se pur più raramente, altri geni: il WFS2 o il gene ZCD2.
Lo studio appena condotto ha preso in considerazione solo pazienti con mutazioni inattivanti del gene WFS1, la forma di malattia che causa ipoacusia concentrata sulle alte frequenze. Studi precedenti condotti in Olanda su 11 pazienti avevano ipotizzato che l’ipoacusia fosse più elevata nelle ragazze che nei ragazzi; lo studio diretto dall’Università di Messina ha voluto approfondire la questione con numero maggiori ed è arrivata a conclusioni opposte. Stando ai dati emersi infatti non ci sarebbero differenze statisticamente rilevanti se si paragonano i risultati di maschi e femmine o quelli dei minori di 16 anni con il gruppo di età compresa tra 19 e 25. L’unica differenza, dovuta probabilmente ai criteri stessi con cui sono stati selezionati i pazienti, riguarda quello delle pazienti olandesi rispetto agli altri pazienti europei.

Stando ai risultati tuttavia i ricercatori non se la sentono di escludere che possa comunque esserci una correlazione tra grado di ipoacusia e sesso ma sostengono che per accertarlo sarebbero necessari ulteriori studi su un numero ampio di pazienti e non solo pediatrici.

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